Riscattiamo Veroli, il libro dedicato al 50esimo della Beata
[one_third][/one_third] Qualche mese fa è stato pubblicato dalla GF Editore il pregevole libro fotografico Riscattiamo Veroli. Tre fotografi della città ernica – Augusto Cestra, Gian Luca Franconetti e Stefano Magliocchetti – hanno raccolto una ricca selezione dei loro scatti, delineando un ideale percorso descrittivo di Veroli.
L’antologia di immagini – dedicata alla Beata Maria Fortunata Viti, in occasione del cinquantesimo anniversario dalla beatificazione – è preceduta da una bella introduzione firmata da Luigi Ricciardi, il quale si è diffusamente soffermato sulla storia sociale della città, nel trentennio che va dal 1950 al 1980, percorrendone i borghi e i vicoli e citando una galleria di personaggi con le loro specialità artigianali e le loro qualità umane.
Venendo alle immagini, è innanzitutto importante sottolineare l’eccellente resa tecnica dei tre autori. Infatti, come scrive Iva Kraljic in quarta di copertina «Cestra, Franconetti e Magliocchetti, tramite una fotografia tecnicamente pulita, hanno descritto tutta la città di Veroli. L’hanno fatto abilmente con i loro obiettivi, lasciandosi trasportare dalle bellezze di questo paese ricco di storia».
Possiamo aggiungere che, tale è il livello tecnico degli scatti, che i singoli stili dei tre appaiono quasi indistinguibili, complice anche il fatto che sono stati omessi i nomi degli delle singole foto, richiamati solo alla fine del volume. La particolare perizia tecnica si evidenzia in due aspetti principali: la luce e i colori.
Per quanto riguarda la luce, possiamo affermare che essa è la vera protagonista delle immagini, tanto di quelle catturate in orari diurni (e quindi con l’illuminazione solare), quanto per le foto di ambientazione notturna, nelle quali, strade, monumenti e panorami sono rischiarati dalle lampade della pubblica illuminazione.
È una luminosità che aiuta a svelare particolari scorci (anche delle zone più note del paese), prospettive inedite, dettagli che magari a prima vista sfuggirebbero. Ed è una luce che, in particolare, esalta e rafforza il vivo cromatismo delle scene.
Si prendano, per esempio, le due foto di Augusto Cestra a p. 21, entrambe ritraenti piazza Santa Salome. Ebbene: si noti, nella prima, il fascino dei giochi di luce dei lampioni virati quasi sull’azzurro, mentre la chiesa è immersa in una placida luce gialla; nella seconda, si ponga mente al contrasto fra i toni di grigio della nuvolaglia sulla sinistra e i colori del tramonto sulla destra. Oppure: la foto di p. 27 di Gian Luca Franconetti. Come non cogliere il nitido dettaglio dell’orologio sul lato della facciata di una chiesa di Sant’Andrea, colta nel più austero silenzio serale? O ancora: basti guardare i dettagli cromatici delle foto che Stefano Magliocchetti ha scattato a Prato di Campoli (p. 75), dove riusciamo perfettamente a distinguere il colore di ogni singolo filo di erba o di ogni foglia sui rami degli alberi.
Il racconto del paese che i tre autori fanno passa soprattutto per i luoghi, carichi di storia. Infatti, poche sono le presenze umane in questi lavori, e sempre marginali. Quasi come se le pietre, i muri e le colonne, da soli possano tramandare la memoria delle mani e degli ingegni che li edificarono.
Vincenzo Ruggiero Perrino