Un secolo fa la tragedia di Caporetto-‘Non fu una disfatta’
Un secolo fa la tragedia di Caporetto. “Non fu una disfatta – ha affermato il Generale Claudio Graziano, comandante delle Forze Armate Italiane – L’8 settembre fu una disfatta. Caporetto fu una gravissima sconfitta. Che portò alla vittoria. Senza Caporetto non ci sarebbe stata Vittorio Veneto. L’esercito si riprese. Accadde una cosa mai accaduta, né prima né dopo: il Paese intero scese in guerra. E, brutto a dirsi, cominciammo a odiare il nemico. Capimmo che era in gioco la sopravvivenza dell’Italia. Fu la nascita, o la rinascita, della nazione. C’erano i tedeschi. Le forze imperiali germaniche furono fondamentali nello sfondamento. Due mesi prima sulla Bainsizza eravamo andati vicini a vincere la guerra, anche se non ce n’eravamo accorti. Alla spallata successiva l’Austria sarebbe crollata; per questo chiese aiuto alla Germania”.
Pesanti responsabilità furono di Luigi Cadorna, comandante del Regio Esercito, come pure di Pietro Badoglio i cui cannoni tacquero. “Cadorna era comandante in capo e il comandante in capo è sempre il primo responsabile; anche se Capello, il comandante della seconda Armata, non mise in atto tutte le prescrizioni – ha aggiunto Graziano – L’elemento negativo fu la tentazione iniziale di dare la colpa di Caporetto ai soldati. Questo un capo non può farlo. Mai. I soldati caduti o che stanno combattendo li devi sostenere. Rimpiazzare chi ha ceduto, ricreare il morale. Purtroppo il generale delle battaglie non ha mai saputo diventare il generale della vittoria. Anche Badoglio sbagliò a Caporetto, non riuscì a far arrivare l’ordine di aprire il fuoco, e i suoi ufficiali non avevano l’autonomia che avevano i pari grado tedeschi. La commissione d’inchiesta fu severa con tutti ma non con Badoglio che al fianco di Diaz stava riorganizzando l’esercito”.
I tedeschi impiegarono anche armi chimiche per annientare il nemico. “Venne usato il gas. Non vi fu la percezione del disastro: era una giornata di nebbia e pioggia. Le prime linee combatterono – ha concluso il Generale Graziano – Poi le retrovie crollarono. La stanchezza per due anni e mezzo di ‘inutile strage’, la propaganda disfattista, gli effetti della rivoluzione russa: queste percezioni filtravano. Sull’Ortigara, nell’offensiva del ‘17 sull’Altipiano di Asiago, si comprese che era finita la fase eroica delle prime battaglie. I fanti andavano alla morte rassegnati. Eppure continuavano ad attaccare, con un’abnegazione ammirata più dai nemici che dagli alleati francesi che continuavano a criticarci”.