Sull’Everest senza ossigeno-“Smentita la scienza”
[one_third][/one_third] L’8 maggio 1978 Reinhold Messner e Peter Habeler raggiungono la cima dell’Everest, scrivendo un importante capitolo della storia dell’alpinismo. L’altoatesino e l’austriaco sono infatti i primi ad aver raggiunto il tetto del mondo, a 8.850 metri, senza l’ausilio di bombole di ossigeno. “Ci dicevano che eravamo matti con tendenze suicide”, ricorda ridendo Messner. Fu questa impresa, assieme ad essere il primo alpinista ad aver scalato tutte le otto vette oltre gli ottomila metri, ad incoronarlo ‘Re degli ottomila’. “Ancora oggi molte imprese alpinistiche sono in attesa di essere realizzate. Forse sono meno conosciute dal grande pubblico, ma non per questo meno interessanti”, commenta. 40 anni fa scalare la vetta dell’Everest senza bombole d’ossigeno era un salto nel buio, un po’ come la prima missione sulla Luna. Nessuno sapeva con esattezza, cosa sarebbe successo, come avrebbe reagito il corpo umano alla carenza di ossigeno. “Con la nostra impresa – afferma il 73enne – abbiamo smentito la scienza, che sosteneva che oltre gli 8.500 metri fosse impossibile resistere, che saremmo di certo morti. Noi, invece, siamo saliti a quasi 8.900 metri, per poi tornare al campo base sani e salvi”. La chioma è la stessa di 40 anni fa, anche se i capelli ribelli e la folta barba nel frattempo sono diventati bianchi. Messner non è più un ragazzo, ma è comunque ancora pieno di vita ed energia. Nelle scorse settimane è tornato al campo base dell’Everest e ha visitato la terra degli sherpa con i suoi ex compagni di cordata.