Pantani, la storia del ciclismo
Per tutti il 14 febbraio è San Valentino, la festa dgli innamorati. Per chi ama il ciclismo e lo sport, quella data riporta alla mente il ricordo più triste e doloroso: il giorno in cui Marco Pantani se n’é andato via per sempre. L’ultima fuga, l’ultimo colpo di pedale di un corridore straordinario che ha fatto sognare l’Italia con i suoi attacchi sulle montagne.
Un ragazzo semplice e generoso che in sella alla sua bici ha riportato il ciclismo italiano sul primo gradino del Tour de France, una maglia gialla romagnola sui Campi Elisi, un’impresa nell’impresa quella di vincere il Tour dopo aver conquistato il Giro. Le due corse a tappe più importanti vinte nello stesso anno: un’epoca irripetibile che toccato il cuore di tutti.
Era il 1998. Dopo di lui, nessuno ci è più riuscito. Lui non correva, dava spettacolo: lo chiamavano il Pirata. Lanciava la sua bandana al cielo e attaccava. O la va o la spacca! Anche quando una macchina (nel ’95) lo ha investito e gli ha ridotto la gamba in pezzi, lui si è rimesso a lavorare, è ritornato, e ha regalato imprese che rimarranno per sempre.
Sembra ieri eppure sono già passati 15 anni da quella notte, da quella notizia che ha lasciato tutti senza parole, e con una ferita profonda nell’anima. Perché questo è ciò che resta quando la vita di un ragazzo giovane si spegne. Marco aveva solo 34 anni. C’è chi lo ama ancora oggi profondamente, e chi di lui conserva un’idea diversa. Comunque la si pensi, è talmente grande il prezzo che Marco ha pagato che almeno una cosa se la merita. Il rispetto di tutti. sportmediaset.mediaset.it