Frosinone, approvato il rendiconto 2018
L’amministrazione comunale di Frosinone, guidata dal sindaco Nicola Ottaviani, ha approvato il rendiconto della gestione dell’esercizio 2018, in prima convocazione, con 20 voti a favore e 3 contrari della minoranza. Il punto all’ordine del giorno è stato illustrato dall’assessore al bilancio e alle finanze, Riccardo Mastrangeli. Dal riassunto contabile, emerge come manchino all’appello circa 9 milioni di euro, le cui cause sono facilmente individuabili. Il primo punto riguarda il piano di riequilibrio approvato nel 2013: il Comune di Frosinone, infatti, è costretto a recuperare ingenti risorse ereditate dal disequilibrio dei conti dell’anno 2012 (circa 5,5 Milioni di Euro di disavanzo e 7 Milioni di euro di debiti fuori bilancio ripartiti nell’arco temporale di 10 anni). A ciò deve aggiungersi il valore del mancato gettito del passaggio dall’IMU abitazione principale alla TASI, che è stata eliminata dallo Stato nel 2014 (quando già il piano di riequilibrio del Comune era stato approvato con quelle entrate), comportando una compensazione esatta solo nel primo anno di circa 2,1 Milione di euro, mentre, a partire dall’anno 2015, si è ridotta progressivamente per attestarsi, dall’anno 2017, al valore di circa 0,9 Milioni di euro con mancata entrata prevista nel piano di riequilibrio. In buona sostanza, mentre il comune di Frosinone ha rispettato in pieno gli obblighi assunti con lo Stato centrale al momento della redazione del piano di risanamento, ciò non è avvenuto per i governi in carica dal 2014, che hanno ridotto la mole dei trasferimenti e tagliato drasticamente anche le capacità di generare introiti da parte degli enti locali. D’altro canto, il piano di risanamento ha imposto una forte contrazione della spesa corrente (-10% sulle prestazioni di beni e servizi e -25% sulla parte di trasferimenti a carico dell’ente). L’obbligo della riduzione della spesa disposta dal d.l.66/2014, del resto, ha comportato una correlata riduzione dei trasferimenti dello Stato (Fondo di solidarietà comunale), dimenticando che detta riduzione è stata già prevista per gli enti in riequilibrio, conducendo ad una riduzione ad oggi pari a circa 2,4 Milioni di euro che proiettati al 2022 (anno di chiusura del piano di riequilibrio) comportano una riduzione complessivamente pari a circa 3,5 Milioni di euro. In via sostanziale, è come se nella bilateralità degli impegni concordati tra amministrazione comunale e Stato, nella stesura ed attuazione del piano di riequilibrio finanziario, sia stato proprio lo Stato a venir meno in via unilaterale alle proprie obbligazioni, per un impegno quantificabile ad oggi in circa 6,9 Milioni di euro, con una possibile proiezione fino al 2022 (data di chiusura prevista del piano di riequilibrio) di complessivi 11,3 Milioni di euro di minori risorse del Comune che stanno comportando una riduzione delle spese correnti di gran lunga superiori a quelle concordate con il piano di riequilibrio finanziario. Precisati, quindi, il rispetto degli impegni da parte del Comune sul piano di riequilibrio, restano da esaminare le variazioni nel conto consuntivo 2018. Una prima motivazione è data dalla variazione del Fondo crediti di dubbia esigibilità che, nell’anno 2018, ha fatto registrare un incremento di circa 5,3 Milioni di euro di maggiori accantonamenti. Detta variazione è collegata al calcolo matematico previsto dai principi contabili che obbligano l’ente ad accantonare somme corrispondenti ai mancati incassi solo in conto residui (ossia di crediti pregressi vantati per i tributi comunali). La ragione di tali mancati incassi nell’anno 2018 risiede nei vari annunci di stralcio delle cartelle inferiori ai 1.000 euro, anticipati già a metà dell’anno 2018, e culminati con l’approvazione del decreto fiscale a fine anno (d.l.119/2018). Tale situazione di incertezza su quali crediti avrebbero potuto essere stralciati, ha comportato un minore versamento dei crediti pregressi da parte dei cittadini che hanno, di fatto, imposto un incremento consistente di tale Fondo dei crediti dubbi. Oltre ai 5,3 Milioni di euro si aggiungono 2 Milioni di euro di recupero del piano di riequilibrio del disavanzo ereditato nell’anno 2012. In considerazione, pertanto, di tale situazione eccezionale, la Giunta ha previsto sia una riduzione degli accantonamenti al Fondo crediti di dubbia esigibilità nel periodo 2020-2021 essendosi ormai esauriti gli effetti del decreto fiscale, sia una ulteriore riduzione della spesa corrente.
“Il rendiconto portato oggi in consiglio comunale – ha affermato il sindaco di Frosinone, Nicola Ottaviani – è frutto di un enorme lavoro di squadra e di razionalizzazione delle spese e degli investimenti, grazie al contributo fattivo dei consiglieri comunali di maggioranza e dell’intera giunta. Il collegio dei revisori dei conti ha certificato il fatto che, dopo l’adozione del piano di risanamento, avvenuta nel 2013, non è stato prodotto alcun debito ‘gratuito’, e non sono derivati elementi di criticità a carico delle casse comunali. La lettura della delibera evidenzia, inoltre, come l’amministrazione comunale abbia fatto un legittimo affidamento nei confronti dello Stato, mediante un accordo bilaterale stipulato con il piano di rientro, che poi lo Stato stesso ha disatteso. Il comune capoluogo, invece, non ha derogato di un centimetro rispetto agli obblighi assunti, con lacrime e sangue, nel 2013. Oggi, invece, stiamo fronteggiando una situazione finanziaria non solo derivante dal disequilibrio dei conti dell’anno 2012, ma anche dalle novità legislative introdotte nel 2014, con il mancato gettito del passaggio dall’IMU abitazione principale alla TASI e con la spending review che ha colpito indistintamente comuni in piano di riequilibrio – come il nostro, che aveva già operato notevoli tagli alla spesa corrente – e comuni spendaccioni. Il rendiconto oggi portato in consiglio certifica anni di sacrifici e un’attività condotta da questa amministrazione, mediante l’assessorato al bilancio e alle finanze, non solo lineare e trasparente, ma anche enorme, rimediando anche a delle novità legislative che mettono in difficoltà i comuni e soprattutto quelli in piano di riequilibrio. A questo proposito, la presa di posizione del Ministro dell’Interno, Matteo Salvini, sulla vicenda del decreto Salva Roma – ha proseguito il sindaco Ottaviani – appare il frutto di una ponderata riflessione sullo stato di salute dei conti pubblici dei Comuni italiani, in modo particolare di quei circa 600 Comuni che, attualmente, sono sottoposti a procedure di ripianamento finanziario, come il Comune di Frosinone o, addirittura, a vere e proprie procedure di dissesto. A differenza di quanto sostiene la Raggi, infatti, Salvini non ha negato alla Città Eterna la possibilità di rimodulare il debito che, oggi, ammonta ad oltre 12 miliardi di euro, ma ha chiarito, una volta per tutte, che non possono esistere cittadini di serie A, come quelli della Capitale, e cittadini di serie B, come quelli di Alessandria, Napoli, Catania o anche Frosinone, dove per chiudere i bilanci, malgrado la cancellazione di tutte le spese superflue, oggi si è costretti a tirare la cinghia più del dovuto, sacrificando, anche, il concetto di Stato sociale. Senza considerare che, poi, se i soldi per amministrare Roma vengono presi non dalla tassazione dei residenti nella Capitale, ma dalla tassazione generale del Paese, allora tutti gli italiani hanno il sacrosanto diritto di veder amministrate con oculatezza e con efficacia le risorse sottratte anche alle loro famiglie. Basti guardare a quanto accaduto in comuni a noi vicini come Cassino o Terracina, ove la dichiarazione di dissesto – ha concluso – ha messo in ginocchio le imprese e i fornitori, azzerando anche i servizi sociali. Oggi appare ancora più evidente come il piano di risanamento varato nel 2013 abbia salvato i conti del comune di Frosinone, tutelando i servizi a beneficio dei cittadini di Frosinone e i bilanci di imprese e fornitori; credo, però, che il legislatore debba essere coerente e che debba ascoltare ciò che accade in periferia, nei Comuni che, pur non rientrando nell’area metropolitana romana, fanno, comunque, parte del sistema e dell’organizzazione istituzionale unitaria del nostro Paese”.