Elezioni, quando a Veroli si votava a “calci in culo”
di Alfredo Gabriele
Nell’Archivio Centrale di Stato di Roma si può leggere la seguente lettera di protesta scritta a Veroli il 21 Luglio 1891 da Romano Crescenzi:
“La legge sulle elezioni dei Deputati e Consiglieri è assai piacevole all’Italia tutta ed in specie agli articolati 29 e 30, ma l’esecuzione è di poi odiosa. Domenica 19 corrente luglio ricorreva qui in Veroli l’elezione di 19 Consiglieri Municipali fra i quali era caduto in tal Luigi Libotte forse nato in Benevento; saranno circa sei anni a questa parte che venne questa famiglia a Veroli a metter negozio di Drogheria; il terzo anno fallì e lo scorso anno volle esser consigliere con schede dispensate, come tuttodì si usa nella nostra Città: un fallito! Che ancora possiamo dire: non ha cacato e calpesta i diritti dei cittadini”.
“Si alzano i banchetti, cioè nei pubblici uffici, nelle botteghe ed altri siti, ove si dispensano delle Schede in stampa, manoscritti, e, forzatamente quasi, si conducono gli elettori all’urna a calci in culo, ché le Schede comprate con denaro con briccherie, ed a chiare note dico che diversi Consiglieri sono stipendiati dallo stesso Municipio direttamente e indirettamente. Domenica mattina cosa accadde a me pover’uomo!”
“Nell’entrar alla mia bottega mi si presentò Libotte Ernesto, fratello del suddetto Luigi, e mi disse “Come la pensi?” Intendeva chi io poneva nella mia Scheda; giustamente gli dissi “I voti sono liberi, farò ciò che mi pare”, e se ne andò mortificato “capassiando”. Circa le nove del pomeriggio ero avanti la mia bottega con certi contadini e mi guardò brutto; gli domandai perché mi guardasse bieco. Si fece avanti minacciandomi più volte col bastone, con forti insulti. Signore, così si fa ad un uomo di 67 anni, povero si ma di onesta famiglia? Laonde il sottoscritto prega la Sua Eccellente alta bontà a porre riparo agli inconvenienti che potrebbero avvenire con le Schede mascherate e il Libotte sia rimproverato da un’Autorità Cittadina; sicuro di tutto ciò le anticipo i più vivi ringraziamenti e con tutto rispetto e venerazione mi dico dell’Ecc.a V.a suo obbligatissimo Srvo Romano Crescenzi”.
Il documento è rimasto a futura memoria di campagne elettorali di altri tempi, nei quali cominciava ad affiorare, con le solite minacce, anche qualche bastone nelle mani di qualche “forestiero” venuto dal Sud ed in difficoltà economica.