Frosinone, Enrico Roberti alla Villa comunale
di Errico Rosa*
Incontro il giovane pittore Enrico Roberti nei locali espositivi della villa comunale di Frosinone in occasione della sua prima mostra personale di arte visiva, a cura di Alfio Borghese, intitolata “Architetture: simmetrie dell’ordine morale” ed inaugurata il 19 novembre scorso.
Egli approda al mondo dell’arte dopo aver maturato esperienze nel settore della cinematografia e della fotografia da cui attinge apporti significativi. Non nasconde un certo orgoglio nell’espormi i suoi lavori che si articolano su un doppio livello tematico: geometrico-architettonico da un lato, figurativo dall’altro. In pochi cenni dimostra di apprezzare l’arte, amandola di un amore clandestino quasi pudico e mai ostentato.
I suoi lavori sono il prodotto di un processo lento e costante, esito di una incubazione meditata e continuamente verificata da processi sperimentali precisi ed attenti. L’uso di materiali di recupero come supporto alle sue opere divengono elemento di ispirazione ed evidenziano sensibilità alle problematiche ambientali. Rimango immediatamente colpito dai coloratissimi pannelli dello skyline metropolitano di fantasia, immagini inusuali di spazi solitari e improbabili edifici.
Figurazioni senza tempo che sembrano attingere dal repertorio architettonico decostruttivista, narrato da scomposte e disarticolate strutture edilizie. Le rese prospettiche si caricano di suggestioni scenografiche ideali per dialogare con ipotetiche coreografie teatrali. Suggestive risultano le rotazioni delle inquadrature che segnano sul piano dinamiche diagonali di assi stradali. Cieli puntinati di sfondo trovano sostanza tra le cime dei grattaceli e le forti prospettive a punto centrale si ergono staccandosi velocemente dal piano bidimensionale verso il fruitore.
Le tessiture edilizie restituiscono intrecci di volumi le cui tarsie policrome compongono assonanti combinazioni cromatiche. Colori primari e secondari stesi in maniera uniforme enfatizzano ogni aspetto irreale ed onirico con qualche digressione metafisica. Dipinti che costruiscono suggestioni di panorami talvolta inquietanti nei quali spicca l’assenza dell’umano e il magnetismo dell’abbandono urbano è esso stesso traccia di una ricerca dell’infinito da pare dell’autore.
Come per compensare questa desolante assenza di umanità – pur nella colorata e geometrica dinamica urbanistica – nell’altra tematica trattata i colori delle composizioni relative a figure, volti e corpi trasmettono un profondo turbamento che tradiscono un intimo ed inquietante dualismo. Le acerbe rese figurative monotonali accentuano drammaticamente il senso del lugubre e lasciano margini di crescita maturativa.
*Architetto e docente di Storia dell’arte