Aggredita e picchiata in Ciociaria, costretta a vivere in una roulotte
di Massimo Mangiapelo
Da quasi due anni è costretta a vivere in una roulotte per sfuggire alle violenze dell’ex marito. Si tratta di una 48enne di Alatri, oggi divorziata.
La sua storia inizia 24 anni fa, quando sposò quest’uomo che da subito mise in mostra il suo carattere turbolento. Picchiava ed ingiuriava la moglie, anche davanti agli occhi della figlia, allora bambina. Le violenze si sono succedute nel tempo, tanto che la donna in varie occasioni ha dovuto far ricorso alle cure dei sanitari del pronto soccorso. Poi lei, quando non ce l’ha fatta più, ha chiesto la separazione, anni dopo conclusasi con il divorzio. Il giudice concesse alla signora l’utilizzo dell’appartamento situato sopra quello dell’ormai ex marito.
Le violenze e le persecuzioni non sono terminate. L’uomo, forte del fatto che fosse il proprietario dello stabile, avrebbe continuato a vessare, ingiuriare e a mettere le mani addosso alla donna, minacciandola in varie occasioni e dicendole che avrebbe continuato all’infinito fino a quando lei non se ne fosse andata da lì.
Dai racconti della donna, pare che a dargli manforte ci fossero anche i familiari di lui che abitano proprio lì accanto. Lei ha resistito fino a quando ha potuto, poi non ce l’ha fatta più. Ha acquistato una roulotte usata e l’ha posizionata su un terreno di sua proprietà. Ed ora, da quasi due anni, vive in condizioni precarie, senza energia elettrica e senza acqua corrente. Si arrangia come può. Ma non è certo una vita facile.
«Ho presentato 22 denunce penali – ha raccontato la donna – l’ultima delle quali due anni fa. Ancora sto aspettando l’esito di quella denuncia. Il mio errore forse è stato quello di chiedere aiuto alle istituzioni, visto che nessuna delle denunce si è conclusa con la condanna del mio ex».
Molto spesso si sente nei tg di donne che vengono uccise dal marito o dal compagno dopo che avevano presentato svariate denunce. La donna di Alatri si è forse salvata solo grazie alla sua decisione di abbandonare la casa dove viveva. Avrebbe subito otto protrusioni alla colonna vertebrale, due polsi rotti, una contusione vicino la tempia medicati con tre punti di sutura, senza contare calci e botte che non hanno lasciato segni evidenti. Tutto documentato da referti medici.
Addirittura la donna è arrivata, tramite il suo legale, a chiedere aiuto alla Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo, al Comando Regione e a quello Generale dell’Arma dei Carabinieri, ma sinora non ha avuto alcuna risposta.
Recentemente ha partecipato ad un convegno dedicato alle vittime di violenza che si è svolto presso l’Hotel Medina di Roma alla presenza dell’avvocato Anna Maria Caramia e della dott.ssa Susanna Petrassi, dove ha potuto raccontare la sua storia, insieme ad altre donne che hanno narrato la loro.
Insomma, una vita vissuta nella violenza ed ora anche nel rammarico di non poter avere una vita tranquilla e dignitosa, come qualunque altro essere umano. Ma soprattutto con la rabbia di non aver avuto mai giustizia. Quella giustizia che qualunque donna vittima di violenza meriterebbe.