Veroli-“Ho pianto quando mi chiamò Palestrina, Sguassero l’acquisto più difficile e Fabbri firmò ad Avezzano”
Più di 50 anni con la palla a spicchi tra le mani. Con lui il Basket Veroli dalla serie C1 alla serie A2. Giocatore e dirigente sportivo, Fabrizio Iannarilli racconta alla direttrice di Area C quotidiano la sua esperienza sportiva piena di successi.
Conosciamo Fabrizio. «Professionista ramo assicurativo da molti anni, verolano, sposato con due figli, ex giocatore e dirigente sportivo nel basket».
Ricordo più bello da giocatore e da dirigente sportivo? «Da giocatore l’esordio in serie D, nel 1974 con il Veroli e poi il passaggio a Palestrina nel 1981 mentre da dirigente la vittoria con Veroli del campionato di B2 nel 2003».
Come nacque il connubio Zeppieri-Iannarilli nel 2000? «Con Leonardo abbiamo rapporti di amicizia e lavorativi da una vita; un giorno, nel giugno 2000, mi chiamò dicendomi: “Avrei la volontà di rilevare la società di basket e, fidandomi di te sia sportivamente che umanamente, gradirei averti vicino”. Io accettai».
Polivalente o storica palestra fascista, cosa preferisce? «Senza dubbio la vecchia palestra, dove tutti noi ragazzi siamo cresciuti con un grande uomo e maestro, Giovanni Coccia e i consigli dei vari Franco e Luciano Mauti, Roberto Mignardi, Corrado Senia, Roberto Zeppieri, Costantino Di Clemente».
Chi le presentò Enrico Fabbri? «Me lo presentò un procuratore e amico reatino, Roberto Di Loreto; mi informai successivamente presso amici di Pistoia, dove aveva allenato. Velocemente, ci incontrammo ad Avezzano e firmammo il contratto dando il via alla nuova era».
L’acquisto più difficile e quello più utile? «L’acquisto più difficile Maurizio Sguassero, il più utile tutti i ragazzi che ci portarono dalla C1 alla B1, senza esclusioni, perché farei dei grandi torti ai non scelti».
Negli anni dei successi giallorossi pochi investimenti nel settore giovanile, scelta sua o della proprietà? «Certo il non investire nel settore giovanile rappresenta un grossa lacuna nel periodo d’oro, ma andare a tracciare, oggi, le responsabilità non è semplice. Ricordo che il materiale umano a Veroli non era ingentissimo. Posso dire ad alta voce, però, che, anche partecipando agli allenamenti e confrontandosi con giocatori forti, sono venuti fuori Fiorini, Fontana, Velocci ed altri che, oltre ad esordire in categorie importanti, hanno lasciato e ancora oggi lasciano il segno della loro bravura».
Come si interruppe il legame tra lei e Zeppieri e successivamente tra lei e il Basket Veroli? «Tutte le cose belle hanno un inizio e una fine ed anche per me si è verificata la fine di un avventura diventata, con il tempo, pesante e non più gestibile quindi l’interruzione fu consensuale e indolore per entrambi».
Tornerebbe se la chiamasse Pallacanestro Veroli 2016? «Consigli molti ma impegni in prima persona no: il basket è ormai acqua passata, quasi nell’oblio se non impegnato come spettatore».
Quanto le manca il vecchio palazzetto e quanto le piace il nuovo? «Preferirei astenermi e mi scuso».
Un aneddoto che non si conosce? «Non mi vergogno a dirlo ma ad ogni vittoria tirata poi mi sfogavo piangendo e ho pianto per la felicità quando mi volle il Palestrina».