Veroli, Nido del cacio e Pasqualina profumi e sapori di una volta
di Ilaria Passeri
Un tempo, nel cuore pulsante del centro storico di Veroli, esisteva un “nido” in cui tutta la popolazione trovava rifugio, cibo ed allegria.
Si chiamava “Il Nido del cacio”, nome che calzava a pennello a quel luogo simbolo per l’intera cittadinanza; un crogiolo di sapori, di profumi nostrani, di sentimenti puri e genuini.
Mettere piede in quella piccola bottega significava entrare nella casa di Pasqualina, la sua amorevole custode; significava venire sopraffatti dai suoi abbracci, dalla sua gioia e dalla sua contagiosa risata. Lì il tempo si fermava, trasformandosi in un fedele alleato, disposto a barattare il suo fluire con un po’ di avvolgente calore umano.
Fin dal mattino, da Pasqualina c’era sempre un via vai di persone. Il profumo della sua pizza bianca attirava, come il canto ammaliatore delle sirene, grandi e piccini; fuoriusciva dalla porta a vetri pervadendo l’intera piazza ed era impossibile resistere alla tentazione di assaggiarne un pezzo.
Affettati e latticini sfilavano con leggiadria sul bancone del negozio; ogni prodotto vantava un’origine di alta qualità e veniva presentato fastosamente, con dovizia di particolari.
Da Pasqualina trovavi sempre ciò di cui avevi bisogno e, forse, anche di più. Fare acquisti da lei era tutt’altro che noioso o scontato; tra un assaggio e l’altro, scappava sempre fuori un sorriso, una confidenza, una parola di conforto. Insomma, un luogo che soddisfaceva gli avventori a 360 gradi, poiché deliziava il corpo e lo spirito.
Chi ha vissuto il “Nido del cacio” ha conosciuto una Veroli viva ed energica, un paese che pullulava di piccole botteghe a conduzione familiare, ricche di storia e tradizione.
Oggi, purtroppo, quei tempi sembrano un lontano ricordo, pagine sbiadite di un libro finito nel dimenticatoio. A volte, si ha come l’impressione che, dopo la chiusura di quelle botteghe, le lancette dell’orologio abbiano ripreso a muoversi rapidamente, lanciandosi in un’estenuante sfida verso l’avvenire.
Quell’avvenire è oggi, un presente che si è lasciato alle spalle la tradizione, in cerca di rinnovamento e nuovi orizzonti. Chi avrà vinto la vera sfida del tempo? Il passato o il futuro? Ai lettori l’ardua sentenza.