Veroli-“All’inizio non avevamo i canestri poi 3 coppe Italia di fila e Giovanni Coccia nel cuore”
Da sempre appassionato di pallacanestro, Mino Corona conserva tuttora la sciarpa della finale Veroli-Sassari. Intervistato dalla direttrice di Area C quotidiano, l’ex giocatore e socio fondatore del Basket Veroli racconta gli anni della pallacanestro e ringrazia Giovanni Coccia.
Come e quando si è avvicinato alla pallacanestro? «Non sono cresciuto molto in altezza e alcuni coetanei si divertivano a prendermi in giro. A 14 anni incontrai Giovanni Coccia il quale aveva intenzione di consacrare la pallacanestro a Veroli e mi convinse a partecipare al progetto. Devo a lui la mia rivincita, agli amici infatti dicevo ‘non devo andare io a canestro ma la palla’. Coccia ha formato umanamente e sportivamente moltissimi giovani di Veroli».
Dove giocavate? «I primi allenamenti nei pressi di viale XXI Aprile con un palo di legno lungo 3,05 cm sorretto a turno. Senza canestro, segnava chi riusciva a far toccare il pallone alla punta del legno. Successivamente aggiungemmo un cerchio di fil di ferro. A volte giocavamo anche nell’orto del Vescovo anche se le partite più belle restano quelle sul vecchio campo di San Martino».
Il ricordo più bello? «L’iscrizione al primo campionato CSI, andammo a giocare a Frosinone e quando entrammo nel palazzetto restammo senza parole. Il desiderio era diventato realtà. Infatti a Veroli eravamo abituati a giocare all’aperto ma eravamo contenti lo stesso anche quando palleggiando colpivamo le pietre. Finché una notte il compagno Corrado Senia decise di asfaltare il campo della vecchia palestra. Da quel giorno anche Veroli ebbe il suo bel rettangolo».
Quanto le piace il nuovo palazzetto dello sport e quanto le manca il vecchio? «Il nuovo palazzetto è il secondo nel Lazio, una struttura in grado di ospitare eventi importanti. Il vecchio palazzetto è il palazzetto dei trofei, il palazzetto in cui ogni domenica tutto il paese sventolava i colori giallorossi. Entrambi intitolati al caro Giovanni Coccia».
Il risultato più entusiasmante del Basket Veroli? «Aver alzato tre coppe Italia consecutive. Solo Siena ha fatto meglio di Veroli con cinque coppe. Anche aver disputato due volte la finale per accedere in serie A1. Purtroppo ci andò male».
Un aneddoto che non si conosce? «Una volta entrammo in campo in modo spettacolare; un compagno che era anche nipote di Giovanni Coccia mi prese sottobraccio e correndo mi portò come un pacco in prossimità della lunetta. Fu una barzelletta, questo era il livello di affiatamento».
Il quintetto ideale dalla nascita del Basket Veroli ai giorni nostri? «Non è facile scegliere cinque giocatori con tutti gli atleti che Veroli ha avuto. Metterei Nissim o Penn, Jackson o Rosselli, Gatto e Brkic e come pivot Hines. Quest’ultimo ancora molto legato a Veroli».