Veroli, caro “Cicci” salutarti non è facile

di Luigi Ricciardi

Caro “Cicci”, dell’età mia nova salutarti non è cosa facile e sapere che tu ci sei ancora mi salva l’addio che non voglio darti. Quanto avrei voluto ancora parlare con te, mio consigliere saggio e degno di amicizia.

Mi porto nel cuore quello che abbiamo vissuto fin dall’adolescenza ai giorni di tristezza del coronavirus. Vorrei tanto che la forza di volontà di oggi corrispondesse alla forza fisica di allora quando giovani uscivamo per quelle passeggiate anche lunghe a Prato di Campoli e l’entusiasmo ci contrassegnava, al tempo del Liceo e della Pantasema, nonché dell’Università quando ci allontanò il destino perché scegliemmo facoltà universitarie in differenti città.

Il periodo delle feste e quello che rimaneva di libertà del periodo estivo non ci ha unito mai così tanto proprio perché avevamo bisogno di raccontarci l’esito delle lezioni, i risultati degli esami sostenuti sempre con ottimi voti nelle nostre facoltà scelte per passione e per amore di quelle discipline caratteristiche di quello che fu il nostro futuro successivo quando da professionisti mettemmo in atto con scienza e coscienza tutto quello che era il nostro sapere.

Cara Loredana e carissimi Carlo e Lorenzo, sappiatelo anche da parte mia che il vostro papà, mio vero amico “Cicci”, è stato un signore e un galantuomo. Siatene orgogliosi di averlo avuto come vostro sposo e padre, come è stato per me un grande amico. Ciao “Cicci”