Sbranata da un pitbull, donna rischia di morire chiuso il canile
Sangue al canile. Una scena terribile: una volontaria è stata attaccata in pieno volto da un pitbull dal nome gentile, Frida, mentre lo portava a fare una passeggiata, e ha rischiato di morire. Portata in condizioni gravissime al Policlinico Gemelli, la donna è stata ricoverata nel reparto di rianimazione e sottoposta a un lungo intervento chirurgico. L’animale era incontenibile: nel giro di neanche un minuto, la poveretta si è ritrovata con il corpo azzannato in più parti, il volto coperto di sangue, un orecchio staccato e le braccia maciullate. Solo l’intervento di un paio di operatori, che da lontano avevano sentito le grida d’aiuto, ha scongiurato la tragedia. Ma le conseguenze restano gravi e adesso sulla gestione dei canili è scattata un’indagine del Comune di Roma e infuria la polemica.
L’aggressione è avvenuta giovedì 25 marzo nella pensione «Valle Grande», in via Paravia, zona Olgiata, che ospita circa 500 tra cani e gatti, anche grazie a convenzioni con gli enti locali. Amelia Ceci, 65 anni, appassionata animalista, come al solito si era presentata nella struttura all’estrema periferia nord per dare una mano. Aveva scelto un pitbull femmina a pelo nero di 4 anni, di nome Frida, per portarlo a fare una sgambata. L’assalto è stato imprevedibile e violentissimo: l’animale continuava a lanciarsi dove fiutava sangue, anche dopo che un educatore era faticosamente riuscito a bloccarlo. All’ingresso sono accorse due ambulanze, ma le condizioni della ferita erano talmente disperate da rendere necessario l’intervento di un elicottero di soccorso. Sulle prime si temeva di dover amputare almeno un braccio. Poi i medici del Gemelli sono riusciti a ricucirlo, grazie a un intervento chirurgico durato oltre dieci ore.
Immediati i provvedimenti. «Informiamo il pubblico che, come da richiesta di Roma capitale, il canile è chiuso fino a nuova disposizione», hanno scritto sul sito web i titolari della pensione «Valle Grande» (che si avvale del supporto della fondazione «Cave canem»), dopo aver dato notizia dell’aggressione con un laconico comunicato. Ma alcune ombre sull’accaduto già fanno intravedere un seguito giudiziario. «Vista la gravità delle lesioni, la Procura procederà d’ufficio – annuncia Francesco Desideri, avvocato della FederFida – Tuttavia noi stiamo ugualmente valutando di presentare una denuncia in base alla legge 81 del 2008 sulla sicurezza del lavoro, da considerare applicabile anche ai volontari, a prescindere se esercitino l’attività per la loro associazione o assegnati ad altri enti. L’obiettivo di una adeguata prevenzione e piena tutela dell’incolumità di chi si prende cura degli animali va posto in primo piano».
Sulla stessa linea Loredana Pronio, presidente dell’associazioneFederFida (ed ex delegata capitolina al Benessere degli animali), che lancia anche un appello: «L’unico colpevole non può essere il cane Frida coinvolgendo, di conseguenza, la razza a cui appartiene, nel solco culturale della ricerca indefessa di capro espiatorio. È necessario il rilascio di un patentino, previa adeguata formazione, a chi voglia accompagnarsi con un esemplare di razze particolari. Ciò che è accaduto è gravissimo: è giunto il momento di testimoniare senza timori e reticenze. Esortiamo i volontari e altre persone che siano a conoscenza di quanto occorso nel rifugio “Valle Grande” a farsi avanti e a raccontare ciò di cui sono a conoscenza».
Molto sfumata la ricostruzione dell’assalto di Frida alla sventurata signora Amelia da parte della direzione. «Lo scorso giovedì alle ore 10 – dice un post pubblicato nella pagina Fb della pensione “Valle Grande” – durante le consuete attività di accudimento dei cani senza famiglia si è verificato un grave incidente. Un volontario con esperienza pluriennale è stato aggredito in una delle aree di sgambamento da uno dei cani ospiti. La presenza costante in canile di educatori cinofili ha permesso di scongiurare l’irreparabile: due professionisti sono intervenuti immediatamente portando in salvo il volontario e mettendo in sicurezza il cane nel proprio box». L’intento di rimarcare l’estraneità della struttura è esplicitato in più passaggi. «Il cane che si è macchiato dell’aggressione era stato scrupolosamente valutato e attenzionato dai nostri professionisti con apposito bollino e per questo affidato alle sole cure di educatori cinofili esperti e del volontario aggredito, anch’egli molto esperto. Nel corso delle ultime 108 sessioni di lavoro cane/volontario non erano emerse criticità o segnali di disagio. L’imponderabile e l’imprevedibile sono sempre dietro l’angolo…» Amelia Ceci, dal suo letto al Gemelli, non ha ancora avuto moto di dire la sua. La volontaria animalista, che difficilmente tornerà in futuro a prendersi cura di animali mordaci, sarà ascoltata quando si riprenderà. «Tutte le nostre attenzioni e i nostri pensieri vanno al volontario che speriamo con tutto il cuore si riprenda presto», conclude il canile, reiterando il tentativo di dissimulare l’identità della parte lesa, facendola passare per un uomo. corriere.it