Intelligenza artificiale, tracce di umano nel postumano
di Lucia De Carolis
L’intelligenza artificiale ha sviluppato un nuovo modello di linguaggio chiamato GPT-3. Il nostro nuovo amico compone poesie, scrive romanzi, canzoni, ed essendo capace di un certo livello di astrazione, abilità fondamentale per la comprensione del mondo, è in grado di mettere in relazione descrizioni testuali con riferimenti visivi.
L’ordine impartito, per esempio, potrebbe essere questo: “disegna una giraffa che cammina su una strada”, ed il programma è addirittura in grado di dedurre che con ogni probabilità la strada è di colore grigio anziché rosa. Uno studio ora in corso, a cui stanno partecipando centinaia di persone, dimostra che distinguere un artefatto creato da mano umana o da un autore-macchina è pressoché impossibile.
La tecnologia avanza su curve esponenziali, ogni anno vede più innovazione rispetto a tutti gli anni precedenti presi assieme: un po’ come passare dall’invenzione della scrittura all’invenzione del computer in una singola generazione. È una sfida che richiederà profondi cambiamenti sistemici, saranno necessarie capacità collaborative globali che ricerchino soluzioni e strategie in grado di far sopravvivere otto milioni di persone dotate di poteri tecnologici straordinari.
Ma la grande sfida a cui siamo chiamati è però di un altro tipo, più profonda, esistenziale, impone la domanda sull’essenza dell’uomo.
Scrivere bei testi, dipingere, comporre musica, sono modelli di espressione tipicamente umani, nel senso che la storia umana ha potuto parlare del “genio” Beethoven, Picasso, Petrarca: la genialità umana ha “fatto” la storia, ha caratterizzato un evo, ha reso quel tempo quel tempo lì.
Queste abilità propriamente umane hanno inoltre determinato il posto di ciascuno in società. Sembra ora non essere una prerogativa dell’uomo il possedere una buona capacità espressiva, l’impegnarsi sulla trama di un romanzo, esprimere il proprio io su una tela, catturare le proprie emozioni in una rima o l’avventurarsi tra le note di una melodia. L’intelligenza artificiale è in grado di produrre ogni nostro atto intellettuale, forse un po’ vuoto, senza un’anima, ma indistinguibile.
L’unica capacità richiesta all’uomo è quella economica per avvalersi e far propria la crescente offerta tecnologica. Il sogno preferito di alcuni postumanisti, sempre più reale, è l’espansione del cervello attraverso l’inserimento di un costosissimo microchip in grado di far acquisire tutto lo scibile umano. Una superintelligenza digitale che farebbe dell’uomo il proprio contenitore biologico. Chilometri di inchiostro versati su memorabili trattati filosofici, studi antropologici o ricerche sociologiche ridotte a carta straccia.
Non più l’estro ma il “soldo”. Benvenuti nel postumano!