Filosofia oltre i muri
Odiare te
di Matteo Antolini
Questa mattina ho spalancato la finestra e sulle mura di cinta del palazzo di fronte, appena re-imbiancate, campeggia questa dedica illecita ma sincera: “Amare te è facile come odiare il coprifuoco #mai+coprifuoco”. Caro graffitista innamorato, sembrerà strano scrivere in questa rubrica “Filosofia oltre le mura” un qualcosa “sulle mura”, ma ti vorrei ringraziare per un tentativo di intuizione che mi hai regalato e che offro ai lettori qui connessi.
Evitando qualsiasi emulazione o istigazione e diffusione del degrado urbano, nonché incoraggiamento di azioni perseguibili dalla legge, ti e vi riporto la scintilla provocata da questa frase, frutto, suppongo, del rimaneggiamento di canzoni di Coez o Franco126. Ci troviamo in un periodo storico inaspettato, tetro, fragile e insicuro; mentre i grandi fanno le loro scelte, i giovani, in silenzio, stanno covando “qualcosa” che li segnerà per il futuro. E tu, ragazzo dalla grafia quadrata, hai in qualche modo trasmesso il tuo sentire, che, in quel verso, riporta il sentire di “molti altri”.
Il cosiddetto campo semantico in questione mette in luce alcune parole-specchio, verità di questo tempo e, forse, il vostro “mondo” – rimpianto da chi si fa grande e sa che non tornerà mai più, il tuo stesso mai+. Facile, amare, odiare, mai più. Se la sigla di quella pubblicità ha fatto centro sul memorizzare un sito internet di ricerca, il tuo facile mi ha fatto sentire la tua voglia di qualcosa di facile. Abbiamo un po’ complicato questo nostro mondo. Stai comunicando quanto il vivere quotidiano sia appesantito, ormai, e non di certo per c19; anche due anni fa le notizie di cronaca parlavano, a noi assordati e stanchi. La tua scrittura fa pensare a un tratto maschile e quindi il tuo amare dovrebbe essere indirizzato alla tua bella: questa è una cosa che fa trasalire a tutte le età, quel batticuore, quel desiderio di avventura, di ricerca, di lotta e conquista. Secondo il mio parziale parere, è una generazione (Z o Millennial?) dal cuore sensibile e quindi fragile.
Dal facile al fragile, le esperienze scolastiche e il POF (c’è ancora il piano d’offerta formativo?!) ha in qualche modo scardinato la disciplina di matematica, italiano e storia, lasciando spazio anche all’umanistico, alla poesia, ai viaggi, agli incontri, ai dialoghi con attori e cantanti, proiettandovi al settimo cielo, ahimè, un po’ falsato e confettato. Ciò non toglie l’ebbrezza d’amore sincero, vero, che fa osare, che ti ha fatto comprare un bomboletta e di notte, oltre le tue mura domestiche, su altre mura, oltre il coprifuoco ti ha reso poeta fantasioso, folle ma, pur sempre, reo. Il tuo odiare, in antitesi al tuo amare, mi descrive un mondo rabbioso, adirato, arrivato “alla frutta” (già, a voi non piace la frutta, perché vi invitano a mangiarla dicendo: “La frutta fa bene!” e tu sei tentato di fare giustappunto il contrario). Non più amare, c’è rabbia e ira.
Le vostre canzoni rap trasmettono ‘tutto’; dite tutto in fretta, reclamate il vostro diritto di protesta, alle canzoni smielate d’un tempo non c’è più spazio per carinerie. È generazione un po’ emo, depressa, accampata, rinchiusa nella capanna, ma il testo di Mace, Franco126 e Noyz Narcos “Buonanotte” ha profondità; un po’ estremo magari, ma espressivo. Potevi scegliere benissimo la parola lockdown tanto gettonata, eppure hai scelto coprifuoco, forse per sottolineare questa realtà che ci circonda e ci risulta sempre più pesante e il tuo grido non si sarebbe sentito. Non c’è in giro nessuno, la scritta rimane. C’è il fuoco della rabbia, il burning, che è difficile da spegnere. Un coprifuoco che fa ripensare alle guerre del secolo scorso e ora c’è un altro conflitto in atto, ma diverso, più sottile. Questa frase è attuale più che mai, è di oggi e domani sarà una parola che aiuterà a comprendere ieri. Il tuo mai più è una supplica, “basta!”, denunci la reclusione forzata di questo anno. Mai più, non si ripeta più, non lo voglio più. Cosa sogni? Cosa vorresti?
Pochi minuti più tardi, non distante da quelle mura, camminando ho riconosciuto un noto giornalista oramai pensionato, un po’ più rotondetto, col berretto per scendere nell’anonimato, ma per un occhio teledipendente, oramai come il nostro, è stato facile pronunciarne il nome e cognome. Mano nella mano, al suo fianco, c’era la moglie, foulard al collo, occhiali da sole. Entrambi con un sorriso di innamorati, che uscivano dalle loro mura per una passeggiata, forse una gita oltre le mura. Questo è stato il secondo regalo, che assieme al tuo versetto mi ha dato tanto e detto tanto. Dalle tue poche parole io ne ho scritte 100 volte tante, e forse il tuo pensiero è stato stravolto dal mio pensiero. Ecco perché non c’è bisogno di scrivere sui muri: scrivi sui social, scrivi un libro, scrivi un’altra canzone, vai oltre le mura!.. perché … ora che ho finito l’articolo, le mura sono state nuovamente imbiancate, gioco della sorte.