Torturato e ammazzato dai partigiani, a Veroli niente piazza dedicata al giovane milite
In Italia, a 77 anni dalla conclusione del secondo conflitto mondiale, il dibattito nazionale si infiamma sebbene le ideologie del ventesimo secolo siano venute meno.
Era il 28 Aprile 1945 e il giovane Bruno Fraja, zio di Bruno Fraja, già consigliere comunale, fu barbaramente fucilato assieme a quarantadue legionari da un gruppo di partigiani. La strage di Rovetta, città bergamasca in cui ebbe luogo la carneficina, si consumò a guerra finita.
Verso la fine del ’43, a diciassette anni, Bruno Fraja lasciò Veroli, si arruolò nella Guardia nazionale della RSI ed entrò a far parte della Legione Tagliamento. Si diresse nell’Italia settentrionale per partecipare al conflitto che l’Italia aveva iniziato nel 1940. Il nord dell’Italia, per quasi due anni, fu teatro di efferate stragi e di feroci massacri ad opera di entrambi gli schieramenti. Genitori e figli, donne e bambini, distrutte intere famiglie, dall’una e dall’altra parte.
La storia di Bruno Fraja è quasi sconosciuta e il milite che combatteva per l’Italia finora non ha ricevuto particolari riconoscimenti
Nel suo piccolo Veroli ha l’opportunità di contribuire a rimarginare una ferita ancora aperta. Tramandare il sacrificio di Bruno Fraja e contestualmente commemorare il martirio di Celestino Frasca, a cui molto tempo fa è stata intitolata la piazza di Santa Francesca, rappresenterebbero segnali di maturità storica e civica. Potrebbe avviarsi un processo di rappacificazione nazionale. E i verolani, di ieri e di oggi, ne sarebbero i protagonisti.
Redazione Veroli