Marta Russo, omicidio all’università La Sapienza mai trovata l’arma del delitto

A distanza di quasi 25 anni, l’omicidio di Marta Russo è stato ricordato nella puntata del 7 maggio 2022 del programma Un giorno in Pretura, in onda nella terza serata di Rai3. Noto come il delitto della Sapienza, fu uno dei casi più clamorosi della cronaca nera nostrana che tenne banco per svariati mesi.

Marta aveva 22 anni, studentessa di giurisprudenza, quando fu raggiunta da un colpo di pistola proprio mentre si trovava nella città universitaria della Sapienza. Stava passeggiando con un’amica quando all’improvviso la sua vita fu interrotta per sempre. Era il 9 maggio 1997 ma la giovane spirò in ospedale cinque giorni dopo a causa della gravità della ferita riportata. Il delitto di Marta Russo fu particolarmente controverso dal momento che le indagini iniziali furono si rivelarono di una complessità inedita. Oltre a non riuscire a trovare un movente ben preciso, vi era anche il luogo esemplare che divenne teatro dell’omicidio stesso e che ebbe grande eco mediatica.

Fu dapprima definito come il “delitto perfetto”, ma tra le ipotesi non fu escluso lo scambio di persona così come il terrorismo e lo sparo partito accidentalmente. Ma da parte di chi? Oltre alle indagini, anche il processo, come rammenta Il Riformista, fu considerato tra i più controversi della storia criminale italiana e spesso oggetto di forti polemiche. Per il delitto di Marta Russo furono condannate due persone che tuttavia continuarono a proclamarsi innocenti.

L’analisi eseguita da una società contattata dalla procura che indagava sull’omicidio di Marta Russo stabilì che lo sparo che entrò dalla nuca facendo perdere subito i sensi alla 22enne sarebbe stato esploso dall’aula 6 dell’Istituto di Filosofia del Diritto. Nonostante negli anni successivi la perizia venne smentita da alcuni periti nominati dalla Corte d’Assise, la procura decise di proseguire per la sua strada. Gli investigatori, dunque, si concentrarono sulle presenze nella stanza in oggetto la mattina del delitto. Dopo vari interrogatori sulla cui metodologia furono sollevate non poche polemiche, emersero i nomi di due assistenti, Giovanni Scattone e Salvatore Ferraro. I due giovani vennero arrestati nella notte tra il 14 ed il 15 giugno 1997.

L’arma del delitto usata per uccidere Marta Russo non fu mai rinvenuta ed in sede processuale furono sminuite le presunte tracce di polvere da sparo trovate nell’aula 6. Dopo cinque gradi di giudizio arrivò la condanna in via definitiva per i due imputati. Scattone fu condannato a cinque anni e quattro mesi per omicidio colposo e Salvatore Ferraro a quattro anni e due mesi per favoreggiamento. Tuttavia, non emersero mai prove evidenti che si trovassero in quell’aula la mattina del delitto di Marta Russo. Dubbi anche sul movente, mai chiarito definitivamente, e sull’arma mai ritrovata. Anche per questa ragione, negli anni, il caso di Marta Russo è finito col diventare uno dei più misteriosi della cronaca nera nostrana, portando a coltivare ancora oggi numerosi dubbi sulla dinamica e sulle ragioni di quel delitto definito “perfetto” ma che di fatto continua a suscitare teorie e piste alternative. ilsussidiario.net