Dai Balcani al Caffè degli Specchi, ecco la storia di Erland di Erlind e del loro collega Axel

«La mia anima è a Trieste» scriveva James Joyce, colpito da questa terra contesa, al contempo aspra ed elegante. Una città dalle mille identità, un po’ a metà di tutto. Tra l’Occidente e la Mitteleuropa, tra il Mediterraneo e i Balcani. Una destinazione complessa e travagliata, crocevia di popoli e influenze tra le più disparate. Dove il profumo di mare si fonde con quello della cultura, dell’arte, dell’architettura liberty e delle diverse religioni della città giuliana; la Cattedrale di San Giusto, la Chiesa greco-ortodossa di San Nicolò, il Tempio serbo-ortodosso della Santissima Trinità e di San Spiridione, la Sinagoga, tra le più importanti d’Europa, con il ghetto ebraico. Poi il caffè. Dal porto di Trieste ne transitano tonnellate e la bevanda è un vero e proprio culto. Da sorseggiare piacevolmente tra i marmi e gli arredi lignei dei caffè storici quali il Tommaseo, il San Marco, lo Stella Polare, il Caffè Torinese. Senza dimenticare ovviamente uno dei più antichi locali di Trieste, il Caffè degli Specchi che ha offerto una valida opportunità a due fratelli Erland ed Erlind provenienti dal Kosovo e ad Axel, giovane di cultura sinta proveniente da Monfalcone. I tre lavorano tutti i giorni in piazza Unità d’Italia e i numerosi clienti che si fermano al Caffè degli Specchi per colazione, pranzo, cena o aperitivo restano inevitabilmente soddisfatti della gentilezza e della professionalità con cui i tre e tutto lo staff operano. A conferma dello spirito multietnico e delle continue integrazioni che avvengono da secoli nella città giuliana.

Redazione Digital