Cirinnà del PD vuole i 24mila euro trovati nella cuccia del cane, il giudice respinge l’istanza
A un anno esatto dal ritrovamento, in una storia costellata di coincidenze, nuovo capitolo nella vicenda dei 24mila euro, suddivisi in 48 banconote da 500 euro, scoperti ad agosto 2021 nella cuccia del cane dell’azienda agricola Capalbio Fattoria, la residenza toscana della senatrice Pd Monica Cirinnà e del marito Esterino Montino, sindaco dem di Fiumicino. «Nessun reato» ha concluso il pm che si è occupato del caso, Giampaolo Melchionna del tribunale di Grosseto, chiedendo l’archiviazione al gip. Avventura conclusa? Niente affatto. Perché ora la senatrice quei soldi li vuole per sé. «Erano nella mia proprietà – tuona – e dunque sono miei». Il giudice, che la pensa diversamente, ne ha disposto la confisca. Ma la paladina dei diritti civili e degli animali non ci sta, anche perché con quei soldi – ha ripetutamente sostenuto – intende aiutare il Centro antiviolenza Olympia de Gouges, che da anni previene e contrasta la violenza contro le donne nella zona di Grosseto. La senatrice aveva presentato istanza per ottenere il malloppo. Respinta, nonostante le buone intenzioni. Così non si dà pace: «Ho vissuto giorni di panico a causa della fuga di notizie che ha messo in pericolo me e la mia famiglia – ha denunciato -. Qualunque malfattore avrebbe potuto avvicinarci e minacciarci per avere i soldi indietro. Ero sola con la mia famiglia. Quando sono stati ritrovati i soldi abbiamo immediatamente chiamato le forze dell’ordine per denunciare il fatto e chiedere protezione. Ma a noi non è stato neanche consegnato il verbale della denuncia mentre, nel giro di 48 ore, ce l’avevano tutti i giornali». Ha aggiunto: «Sono una persona divisiva, lo so, vengo spesso demonizzata o celebrata senza mezze misure. Questo ha polarizzato sulla vicenda i giudizi di tut ti: mi domando ancora cosa hanno nella testa coloro che hanno scritto frasi del tipo ‘l’ha fatto di proposito: prima li ha nascosti e poi li ha denunciati. Quale sarebbe la logica?». I sospetti sono caduti a un certo punto anche sul fratello della Cirinnà, Claudio, e su suo figlio Riccardo, coinvolti in un processo per usura concluso con una riduzione di pena per il primo, e un’assoluzione per il secondo. Anche in questo caso, una pista senza sbocco. La questione è complicata ulteriormente dalle modalità del ritrovamento: furono Fabio Montino, il primo dei quattro figli del sindaco dem, e l’operaio Fabio Rosati, e scovare il tesoretto durante lavori di escavazione nella tenuta della Maremma toscana. Ora, sostiene il gip Sergio Compagnucci, la vertenza passa al tribunale civile, perché a rigore di legge i 24mila euro dovrebbero essere divisi, un quarto ciascuno, anche con chi li ha portati alla luce. Insomma, non basta la finalità benefica a sollevare la Cirinnà da altre udienze, in quella che appare come la trama di un giallo senza fine. corriere.it