Frosinone, Michele Rosa personalità visionaria complessa e multiforme
di Luigi Barone
Un giudizio di primo impatto rimane confinato alla sterile mera esibizione folcloristica. L’artista [piuttosto] mostra personalità che non si configura nella visione istintiva oggettuale della realtà, in quanto possiede-esprime linguaggi interiori della dimensione spirituale: si tratta di lettura dei codici linguistici che fanno capo alla sensibilità – suggestione – creaturale e parlante dell’ ”OMO”. Lettura non facile né scontata, per cui non sussiste la visione corporale, quanto la osservazione di ciascun elemento, elettivo e pervasivo, sia nella peculiarità morfologica, sia nell’armonia diastolica del loro insieme. Ogni opera è invito a fermarsi fisicamente, nel movimento del pensiero, nella dinamica dell’intelletto che spinge a contemplare ininterrottamente lo stupore misterioso delle infinite creature che vi rivivono. Ogni produzione sussiste e consiste in termini di superamento dell’ordine temporale del pensiero, come delle cose, in direzione dell’ordine trascendente delle stesse e del “Tutto” cosmico. Ora che ha catturato il Diversamente inesprimibile, bisogna coglierne le pulsazioni dell’anima alla ricerca delle cose celesti e non più. Mai istintuale, ma rifrangente e come commissionata da una eternità ineguagliabile, l’opera di Michele ROSA non è ripiegata su se stessa: è come offerta per una comune destinazione, profetica, alla fratellanza, all’invito di una inesauribile armonia di bellezza che si compie. Al suo racconto sembrano ricongiungersi i giorni del mondo, per tenere la mano a quelli senza fine. A dipingere e coronare l’opera insperata: il sogno di Dio per l’uomo.