«Offro da 1800 euro a 3 mila euro al mese ma nessuno vuole lavorare», ecco lo sfogo di un imprenditore
Rischio torrette vuote sui lidi italiani. Se in questi giorni hanno fatto discutere le inchieste sulla carenza di camerieri, baristi e cuochi nei locali (qui la lista dei lavoratori introvabili) sulle spiagge italiane, a mancare sui lidi per la stagione 2023 saranno anche i bagnini. E la ragione non sembra essere legata in questo caso alle irregolarità contrattuali o agli stipendi bassi. Per Stefano Battistoni, titolare di uno stabilimento a Cesenatico e alla guida della Cooperativa che offre il servizio di salvataggio, il tema è culturale: pesano le aspettative rispetto alle mansioni e il tempo da dedicare al mestiere. «I nostri bagnini o meglio i salvataggi in possesso del brevetto lavorano in cooperativa su più lidi con stipendi che vanno da 1.800 euro netti al mese per chi è alle prime armi a 3 mila per i senior. Ma è comunque difficile trovare persone disposte a lavorare». Secondo il Contratto collettivo nazionale del Turismo che si applica anche ai lavoratori comunemente definiti bagnini lo stipendio base parte infatti da 1.200 euro per un quarto livello per poi salire con l’inquadramento. Vanno poi calcolati gli straordinari pagati il 30% in più ed eventuali accordi di secondo livello. «I nostri bagnini lavorano su 40 ore ordinarie con fino a 8 ore di straordinari. E il giorno di riposo è un obbligo di legge», aggiunge Battistoni. Mancano però i candidati che devono comunque formarsi seguendo corsi specifici trimestrali. Una formazione che può costare fino a 35o euro. Dice: «Su 90 brevettati l’anno scorso a Cesenatico, tutti ragazzi delle superiori, solo 14 si sono poi presentati per la stagione». La professione ha , in breve, perso attrattiva. «Le dico che non è lo stipendio il problema perché parlo con i ragazzi — sottolinea Battistoni — a maggio scorso uno ha lasciato perché non voleva pulire la spiaggia, mi ha colpito perché prendeva circa 2 mila euro al mese. La motivazione? Non voleva svolgere una mansione considerata umile». Per Marta Marzioli, titolare di un piccolo stabilimento nel Lazio a Tarquinia, la questione nel post pandemia è che per i ragazzi la flessibilità vince sullo stipendio. «Pensi — racconta — che per coprire una giornata di servizio in torretta ho dovuto assumere due ragazzi part-time. Non volevano tutti i pomeriggi occupati». Difficile poi trovare persone con esperienza. «Quest’anno abbiamo tanti ragazzi giovanissimi ma andrebbero affiancati e le persone con più stagioni alle spalle sono sempre meno». Tra loro c’è Giovanni Zavalloni, 65 anni, che ha alle spalle 49 stagioni a Cesenatico e che per anni d’inverno ha fatto il muratore. Per lui la mancanza di ragazzi da ettere in torretta non è una sorpresa: «La grossa differenza rispetto alle generazioni precedenti, come la mia, è che questi ragazzi non vivono il lavoro stagionale come una necessità. Non hanno quella fame che avevamo noi. Anche per le condizioni più agiate delle famiglie di provenienza». Per i giovanissimi è complesso anche gestire la responsabilità. Aggiunge Zavalloni: «Il bagnino è un lavoro complesso, siamo il primo soccorso in mare. Bisogna formarsi ed è un lavoro di fatica fisica. La consiglio come esperienza specialmente agli studenti. Si impara molto: penso alla gestione delle emergenze e a come prevenirle. E poi si lavora all’aperto, a contatto con le persone». corriere.it