Turismo a Roma, ripresa ok ma niente sold out a Pasqua
Quella 2023 per Roma non sarà ancora una Pasqua da tutto esaurito. La ripresa economica c’è, ma alberghi, ristoranti, musei, terme, parchi a tema dovranno aspettare il prossimo anno per recuperare i valori pre-Covid. Intanto però, in vista del ponte tra l’8 e il 10 aprile, la città è pronta ad accogliere minimo 40 mila visitatori in più rispetto allo stesso periodo del 2022 (+ 15%). Complessivamente gli arrivi saranno almeno 270 mila dall’estero, per un totale di circa 670 mila presenze al giorno. Per il comparto significa superare i tre miliardi di euro di fatturato già nel primo semestre. «Ultimamente la Capitale è riuscita ad attirare importanti investimenti dall’estero e grandi catene di lusso hanno aperto qui le loro strutture ricettive, contribuendo a incrementare l’indotto generato dal traffico internazionale – afferma Fausto Palombelli, presidente della sezione turismo di Unindustria –. Ora il settore pubblico deve fare la sua parte e migliorare la qualità del verde, della raccolta differenziata e della manutenzione stradale. Ai privati invece il compito di trovare 50 mila lavoratori per quei mestieri quasi scomparsi con il coronavirus. In particolare servono guide, personale di sala e cucina e addetti alla sicurezza degli aeroporti». Un capitale umano da reperire immediatamente, considerato che per una città d’arte come Roma la primavera è alta stagione. «A varcare i confini sono perlopiù nord americani ed europei, soprattutto i tedeschi – precisa Stefano Corbari, presidente dell’associazione Fiavet Lazio, in rappresentanza delle agenzie di viaggio –. All’appello manca comunque un 20% di vacanzieri. Sono quelli provenienti dalle tratte orientali come Russia, Cina e Giappone. Gli effetti del conflitto in Ucraina cominciano ad attenuarsi, ma questi mercati iniziano a ripartire a ritmo lento». Problemi che pesano anche sugli hotel: sui 12.306 registrati dalla banca dati del Campidoglio a dicembre 2019, uno su cinque oggi ha cambiato proprietà. Altri 80 potrebbero subire la medesima sorte entro l’anno, essere chiusi o vedersi modificare la destinazione d’uso. «Spostarsi è diventato più oneroso per l’inflazione e a permetterselo sono le fasce “alto spendenti” – dice Giuseppe Roscioli, presidente di Federalberghi Roma –. Gli aggravi dovuti a pandemie, rincari energetici e materie prime sono stati riversati solo in parte sui listini, pena la perdita della clientela. Il resto è stato ammortizzato dalle aziende, che hanno intaccato il loro margine di guadagno». corriere.it