Spacciatori marocchini contano pacchi di banconote, video con la bandiera italiana
Il tricolore italiano a marcare il territorio. Un indizio che arriva dalle scritte in arabo che evocano la regione di Béni Mellal-Khénifra, nell’entroterra marocchino, esplorata di recente dal Corriere con il viaggio nella cittadina dei grossisti della droga (Fquih Ben Salah) e in quella (Oued Zem) negli ultimi mesi provenienza dei giovani spacciatori dei boschi soprattutto della provincia di Varese. Se, come ci viene detto da fonti marocchine, altri gruppi di ragazzi emigrati per delinquere in Francia o in Belgio sono molto attenti nell’esibizione pubblica dei reati (in questo caso, del provento del reato, con larga probabilità lo spaccio), stavolta invece, con il video che vedete e che è stato pubblicato sui canali social, no. Per niente. Anzi, pur travisando il volto, la conta delle banconote diventa un gran vanto da condividere. Anche con i medesimi coetanei rimasti a vivere in quelle terre povere, di alti tassi di analfabetismo e dispersione scolastica, e che, come tragicamente succede, potrebbero subire il fascino dei tanti, tantissimi soldi facili, non importa come accumulati, e tentare loro pure l’avventura italiana. Ora, forse in quanto collocato in una geografia periferica (per dire, non v’è l’interesse mediatico riscontrato invece con l’ex famigerato boschetto della droga di Rogoredo), il tema delle bande marocchine nel Varesotto, per un complessivo stimato da magistrati, carabinieri e polizia di almeno duecento unità, non sta avendo l’obbligatorio approccio da parte delle istituzioni esterne all’area in esame. Nonostante i cinque omicidi, il probabile ma imprecisato numero dei delitti mai scoperti, e le parecchie indagini, compresa l’ultima coordinata dal sostituto della Procura di Busto Arsizio Ciro Caramore e svolta dai carabinieri del comandante provinciale Gianluca Piasentin, che hanno impedito sanguinari scontri finali tra bande nemiche, pare proprio che la situazione non cambi. Il Marocco, come accertato da fonti governative italiane e americane, è il primo produttore mondiale di hashish contando su una media annua di 20mila ettari coltivati a resina di cannabis, ovvero la superficie di Milano. Ma al contempo è uno dei principali hub intercontinentali della cocaina, di provenienza dal Sudamerica (specie lungo l’asse con il Brasile), in conseguenza della favorevole logistica: da una parte l’Atlantico, dall’altra il Mediterraneo. In provincia di Varese opera la manovalanza, mentre in Marocco i grossisti si godono gli introiti investendo in terreni, case, locali, cantieri di nuovi quartieri ultra-residenziali anche sul litorale di Casablanca, in riva all’oceano. Ma a monte, è evidente, permane l’infinita domanda di droga da parte degli italiani, che si avventurano nei boschi pur di avere le dosi quotidiane. Giovani, adulti, mamme. Giorno e notte.