Avvelena la sua ragazza con il veleno per i topi, poi la uccide a coltellate

«Bromadiolone» nel «sangue e nei capelli» di Giulia Tramontano. Ma anche in «tessuti e capelli fetali» del piccolo Thiago. Il principio attivo del veleno per topi che, così ricostruiscono gli investigatori, ha registrato dalle analisi addirittura un «incremento», in particolare «nell’ultimo mese e mezzo» prima dell’omicidio. A tre mesi dal delitto di Senago arrivano gli esiti degli esami medico-legali sul corpo della 29enne e del piccolo di 7 mesi che aveva in grembo. Sul tavolo del pm Alessia Menegazzo e dell’aggiunto Letizia Mannella è arrivata l’informativa della Squadra omicidi del Nucleo investigativo di via Moscova che ora mette in fila il piano del reo confesso Alessandro Impagnatiello. Dall’autopsia è emerso che la compagna è stata uccisa con 37 coltellate ma soprattutto che la morte è arrivata per «acuta anemia», ossia perdita di sangue: la ragazza era ancora viva quando sono stati inferti gli ultimi colpi.
Una storia terribile alla quale si aggiunge ora in modo «robusto» il capitolo della premeditazione, che non aveva retto al momento della convalida del fermo. Aggravante che, insieme a quella della crudeltà, tornerà ora ad essere contestata dai pm nella richiesta di rinvio a giudizio. E che potrebbe portare all’ergastolo. Perché il compagno 30enne — che aveva una relazione parallela con una collega al lussuoso Armani Café di via Manzoni — secondo gli investigatori avrebbe iniziato ad avvelenare Giulia ben prima del delitto. Forse addirittura mesi prima. Durante il primo sopralluogo in casa, quando Impagnatiello aveva denunciato la scomparsa di Giulia ma non erano ancora ufficialmente aperte le indagini per omicidio (il corpo verrà trovato solo tre giorni dopo grazie alla sua confessione), i carabinieri di Senago avevano sequestrato nello zaino del barman due «caramelle» di veleno per topi. Sostanza che il giovane aveva raccontato di aver acquistato perché al lavoro, in uno stanzino in cui il personale si trovava a fumare nelle pause, aveva «visto dei roditori». Una circostanza inverosimile. Anzitutto perché si parla di un hotel cinque stelle, in secondo luogo perché nessun altro dei colleghi ha confermato la circostanza negli interrogatori. Così da subito i carabinieri, guidati dal colonnello Antonio Coppola, hanno ipotizzato che in realtà quello di Senago non fosse un omicidio d’impeto — come Impagnatiello aveva sostenuto nella sua confessione — ma un’azione premeditata. Già a dicembre, cinque mesi prima del delitto, Impagnatiello aveva cercato online gli effetti del veleno e il motivo per cui non stesse facendo effetto. Ma anche quanto tempo ci voleva perché agisse, salvo, poi, scoprire che perdeva potenza se somministrato con «bevande calde». La conferma è arrivata dall’analisi dei suoi dispositivi elettronici. A gennaio il barman aveva cercato: «Quanto veleno per topi è necessario per uccidere una persona». Mentre Giulia scriveva in chat a un’amica: «Mi sento una pezza, ho troppo bruciore di stomaco, mi sento drogata». corriere.it