Anziano abbandonato dai familiari e rinchiuso in un castello al freddo, condannato il figlio

Isolato dai familiari, avrebbe vissuto un anno senza poter vedere la figlia e la moglie, chiuso in una stanza con la sola compagnia del badante. La salute fragile, il peso degli anni, l’anziano, un noto aristocratico trentino, faceva fatica a muoversi e così si sarebbe trovato nella vecchia residenza, lasciato a sé stesso, spesso senza neppure le necessarie cure igieniche. Abbandonato e «rinchiuso» nella casa antica, da sempre della sua famiglia, dove ora vive il figlio. E sarebbe stato proprio lui a sottrarre il papà ai suoi affetti più cari. Forse mirava al patrimonio. Non è chiaro perché l’uomo avrebbe allontanato l’anziano padre dalla sorella, un gesto difficile da comprendere che nulla a che fare con l’amore. L’anziano veniva spesso lasciato solo, urlava nella stanza fredda quando nessuno veniva ad aiutarlo. Affetto da una fragilità psichica non riusciva a gestirsi, aveva bisogno di assistenza continua, ma il figlio era spesso lontano. Si sarebbe ricordato di lui e avrebbe iniziato a prendersi cura del padre solo dopo il primo intervento dei carabinieri e la perquisizione. È una storia dolorosa e complessa quella finita lunedì sul tavolo della giudice Marta Schiavo che, dopo lunghi anni sofferti di battaglie legali, ha condannato un quarantenne trentino, difeso dagli avvocati Giuliano Valer e Alessandro Gamberini a tre anni per maltrattamenti in famiglia e sequestro di persona (la Procura aveva chiesto 5 anni). In un primo momento la pm aveva contestato anche il reato di circonvenzione d’incapace ma l’accusa è caduta. La sentenza, comunque severa, arriva dopo anni difficili per la sorella che, supportata dal suo avvocato Nicola Stolfi, attraverso il quale si è costituita parte civile, ha lottato per poter riavere il suo papà accanto a sé e ci è riuscita. Ora l’anziano vive con lei e sta bene, ma resta l’amarezza, una famiglia spezzata e la sofferenza per gli anni persi. Lei ha combattuto con tutte le sue forze e ha vinto, il suo papà è di nuovo con lei. L’avvocato Stolfi parla di una «pena significativa, è stato riconosciuto il trattamento degradante a cui era stato sottoposto il papà della mia cliente».
Era settembre del 2017, secondo quanto ricostruito nell’atto d’accusa, quando la figlia ha perso i contatti con l’anziano papà, lo ha cercato a lungo fino a scoprire che era stato praticamente «relegato» dal fratello nell’antica dimora di famiglia, alla quale però, lei non poteva accedere. Ed è ancora così. Secondo l’accusa, infatti, la donna aveva possibilità di entrare solo dopo aver chiesto il permesso al fratello, tanto che alla fine le visite venivano concordate attraverso la corrispondenza tra avvocati. Lei, esasperata, dopo aver tentato invano di convincere il fratello a cambiare atteggiamento è stata costretta a rivolgersi ai carabinieri. La Procura ha subito aperto un fascicolo e ad aprile 2018 è scattata la perquisizione. Poco dopo l’anziano ha finalmente potuto riabbracciare la figlia e oggi vive con lei. corriere.it