Distrutta la panchina rossa alla Sapienza, “Contro la retorica dell’ateneo”
Doveva essere un momento di condivisione, per riflettere con la comunità studentesca sugli strumenti di contrasto alla violenza sulle donne, ma a rovinare il clima è stata l’azione del collettivo «Zaum Sapienza» che ha rivendicato sui social il danneggiamento della panchina rossa inaugurata lunedì 11 dicembre nel primo ateneo romano alla presenza della rettrice, Antonella Polimeni, del sindaco, Roberto Gualtieri, della vicepresidente dell’assemblea capitolina, Svetlana Celli, e dei vertici della As Roma (la società giallorossa promuove la campagna «Amami e basta»). Le attiviste, in polemica con l’iniziativa istituzionale – dal loro punto di vista un gesto puramente simbolico – hanno smontato la panchina (le immagini, rilanciate sui social, sono state riprese anche dalle telecamere di sorveglianza) per poi buttarla in un cestino della spazzatura. Prima, durante il sit-in di protesta, le manifestanti hanno srotolato uno striscione con scritto: «La casa delle donne non si tocca, solidarietà a Lucha Y Siesta». Le autrici del gesto sono state identificate dalla polizia. A condannare l’azione iconoclasta, tra gli altri, la stessa Celli: «Dispiace per l’accaduto, perché il nostro intento è soprattutto quello di realizzare un vero cambiamento culturale a partire dai giovani, parte attiva di questo percorso. Andremo avanti nel rispetto di chi crede in questa battaglia, alle tante vittime e donne che ancora non sono libere». Parole di forte disapprovazione anche da parte di Daniela Ternullo, senatrice di FI, componente della commissione parlamentare d’inchiesta sui femminicidi: «La violenza si combatte partendo dal rispetto.
Dovrebbe impararlo anche chi oggi (lunedì, ndr), facendo sparire la panchina rossa appena inaugurata nel cortile dell’università Sapienza di Roma, ha invece dimostrato che la strada dell’educazione ai valori del vivere civile è ancora lunga». La rettrice Polimeni ha sottolineato che si è trattato di «un manipolo di pochi facinorosi, tra studenti e persone estranee all’università» per poi ribadire: ««Ci sarà tempo per capire quali possano essere le ragioni per cui il simbolo universale della lotta contro la violenza nei confronti delle donne viene violentemente abbattuto. Oggi (lunedì, ndr) è invece per noi il tempo di indignarci per l’accaduto, ripristinare la panchina e rinsaldare l’alleanza con tutti coloro che vogliono contribuire a creare una cultura diffusa, trasversale tra le generazioni, basata sul rispetto della persona, dell’individuo in quanto tale». L’eco rumorosa del corteo «Non una di meno» dello scorso 25 novembre è risuonata nei viali dell’università «Sapienza» poco prima delle 10, mentre le autorità inauguravano la panchina rossa contro la violenza sulle donne. A turbare l’atmosfera la contestazione di un gruppo di studenti e attivisti del collettivo femminista «Zaum Sapienza» che mostravano cartelli con su scritto «Say their name» e «Ogni femminicidio è omicidio di Stato», in segno di protesta contro la «retorica» dell’iniziativa. corriere.it