Abbattuto ecomostro a pochi metri dalla spiaggia, ecco le immagini
E’ venuto giù come fosse un castello di sabbia. In pochi secondi l’ecomostro di Melissa, un «monumento» di sei piani, si è «accasciato» in una nuvola di polvere. Sono stati necessari 400 chili di dinamite, piazzata sulle pareti dei pilastri, per abbattere sei mila metri quadrati di cemento, un tempo sede del mobilificio di proprietà di Costantino Mangeruca, un affiliato alla cosca Farao-Marincola di Cirò. Alle 11,30 di domenica i tecnici delle società Deam Ingegneria srl, Deton srl e Misiano Ingegneria, hanno dato il via libera alla demolizione. «Lo Stato è più forte della ‘ndrangheta» – ha detto il Governatore Roberto Occhiuto. La Regione ha finanziato con 700 mila euro i costi demolizione, bonifica e riqualificazione dell’area (si costruirà lì un campeggio). La demolizione è avvenuta davanti al comandante generale dell’Arma Teo Luzi, presenti anche il ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani e il vice ministro alla Giustizia Francesco Paolo Sisto. L’ecomostro di Melissa, farà spazio a un’area attrezzata per accogliere 350 camper di turisti. L’abbattimento del palazzone è anche una vittoria per chi, negli ultimi vent’anni, si è battuto per la demolizione dell’ecomostro, costruito abusivamente in una zona di mare, storicamente conosciuta come realtà vitivinicola dove i filari dalla pianura, arrivano sino a costeggiare la spiaggia. Quel rettangolo di cemento armato, era un pugno nell’occhio, che ostacolava la visione e rendeva poco apprezzabile squarci di mare di un litorale, tra i più inebrianti della costa crotonese. Sequestrato nel 2007 a seguito dell’operazione “Piazza pulita”, coordinata dal sostituto procuratore Pier Paolo Bruni, ora procuratore a Santa Maria Capua Vetere, confiscato nel 2012, sono stati necessari 11 anni per mettere a punto il decreto d’abbattimento dell’ecomostro, e porre fine allo sfregio edilizio perpetrato dalle ‘ndrangheta, per legittimare il suo potere d’acquisto. corriere.it