Ciociaria in festa, l’ex generale Angelosanto a capo della task force contro l’antisemitismo

Sessantacinque anni, trentacinque dei quali trascorsi a dare la caccia a pericolosi latitanti. Pasquale Angelosanto è un uomo che sa attendere. Una vita spesa all’interno dell’arma dei carabinieri, a tastare il terreno e setacciare informazioni. È lui, Angelosanto, che ha catturato Matteo Messina Denaro un anno fa ormai. Ed è lui che trenta anni fa, nel 1992, ha preso il boss della camorra (ricercato da tempo) Carmine Alfieri. 
Il flemmatico servitore dello Stato, oggi pensionato, è stato nominato alla guida della task force contro l’antisemitismo (piaga diffusa e non solo nel nostro paese) quale commissario. Poteva dire di no? E infatti ha accettato l’incarico come in passato aveva accolto altri impegni. Dopo la camorra negli anni Novanta a Napoli, la militanza nella sezione anticrimine. Quindi il lavoro contro le cosche di ‘ndrangheta, anche quello pieno di sfide. E in seguito la scoperta delle ‘ndrine del Lazio, tra Anzio e Nettuno. «Non avevamo ancora contezza della pervasività della mafia calabrese sul territorio nazionale e all’estero, né dell’unitarietà dell’organizzazione svelata dall’inchiesta “Crimine” nel 2010, mentre ero comandante provinciale a Reggio Calabria, ma raccogliemmo un’intercettazione in cui un boss diceva “questa carica la devono dare giù”» ha detto intervistato dal Corriere qualche mese fa, in seguito all’operazione Messina Denaro. Il suo impegno tuttavia va al di là del perimetro mafioso, perché Angelosanto indaga anche sulle nuove brigate rosse in seguito all’omicidio del professor Massimo D’Antona. In conclusione, una vita all’insegna della difesa dello Stato. corriere.it