È morto Franz Beckenbauer, il Kaiser
Franz Beckenbauer è morto all’età di 78 anni. Per tutti «Der Kaiser», Beckenbauer è stato una leggenda del calcio tedesco. Da giocatore è stato campione del mondo nel 1974 e da allenatore aveva vinto il Mondiale del 1990. Negli ultimi anni Beckenbauer aveva sofferto di gravi problemi di salute (e qualche giorno fa il fratello aveva rivelato il peggioramento) e si era ritirato dalla scena pubblica. Viveva in Austria nella zona di Salisburgo.
I suoi compagni erano brutti, sporchi e cattivi. Lui solo cattivo. Che a vederlo non avresti detto. Perché sapeva anche sorridere. O era un ghigno? Di sicuro appariva elegante ed educato. Persino quando il campo le scarpe dribblavano nel fango. Lo chiamavano Kaiser e c’entrava una certa altezzosità e distacco. Del resto, ai Grandi non è richiesta l’empatia.
Lui giocava sempre senza guardare il pallone tra i piedi. Un libero che era un valore aggiunto per il centrocampo. Un piede sopraffino, un tocco che la palla andava dove doveva andare. Noi italiani l’avevamo ammirato quattro anni prima nello storico 4-3 per gli azzurri all’Azteca. Se chiudiamo gli occhi rivediamo il gol di Rivera e il braccio al collo di Beckenbauer. Come si fa a giocare così bendati? Non si può. Difatti solo lui.
Due anni dopo, nel 1972, il titolo europeo e il primo Pallone d’Oro. Il secondo arrivò nel 1976. Ma intanto aveva già vinto tre Coppe dei Campioni consecutive. Un riconoscimento obbligato per un fuoriclasse che non aveva bisogno di trofei per legittimare il suo essere al di sopra del cielo (calcistico).
Da allenatore si accontentò di rivincere i Mondiali quelli del 1990 in Italia. Uno dei tre, insieme a Zagallo del Brasile e Deschamps della Francia, a vincerlo in campo e a bordo campo. Da dirigente scalò le vette del suo Bayern e anche quelle della Fifa. Con qualche caduta di troppo. Ma nessuna di stile. C’è un calcio prima di Beckenbauer e uno (bellissimo e sublime) con lui. Il dopo Kaiser sarà come una birra senza schiuma. corriere.it