Saltano la fila per comprare un orologio, 2 carabinieri a processo
Avrebbero finto un controllo per motivi di ordine pubblico, dopo aver visto una lunga coda davanti al negozio Swatch nel centro di Torino, ma poi uno dei due carabinieri se ne uscì con un «Moonwatch», da tempo diventato oggetto per appassionati e collezionisti: per questo, il pubblico ministero Giovanni Caspani ha chiesto 4 mesi e 15 giorni di reclusione per un sottufficiale dell’Arma, ora a processo per peculato d’uso (dell’auto di servizio), interruzione di servizio pubblico e violazione di consegna (reato del codice militare di pace che, in connessione, dev’essere contestato dalla giustizia ordinaria). Un altro militare, l’appuntato scelto che prese l’orologio (pagato), aveva optato per la messa alla prova già durante le indagini preliminari. «Il collega mi telefonò da dentro al negozio, dicendo: stanno finendo gli orologi ne vuoi uno? Dissi assolutamente no e lo sgridai», si è difeso stamattina il sottufficiale, accusato in concorso per non aver impedito i presunti reati. Nella sostanza – per l’accusa – i militari avrebbero fatto il controllo, per saltare la fila e prendere l’oggetto. Secondo la Procura, tra una prima sosta nel negozio, e una seconda, l’episodio sarebbe durato dai 40 ai 60 minuti. Pochi gironi prima – ha riferito ancora il militare – un collega si era messo in fila alle 4 del mattino, ma una volta arrivato il suo turno, alle 14, gli orologi (prodotti in numero limitato) erano già finiti. La difesa ha chiesto l’assoluzione – perché il fatto non sussiste o perché non costituisce reato, e in subordine per particolare tenuità del fatto – insistendo sulla differenza tra illecito penale e disciplinare. Di certo, l’impressione è che fu un inqualificabile comportamento civico e una pessima pubblicità per l’Arma: difatti, la segnalazione in Procura arrivò proprio dal comando provinciale dei carabinieri. Per dire, più volte il militare ha spiegato che, nel corso del controllo, «fu identificato» il titolare del negozio Swatch, lasciando i giudici di stucco: «Scusi, ma è normale? Fate sempre così?», chiedeva il presidente del collegio, Immacolata Iadeluca. Risposta: «Noi spesso identifichiamo i titolari dei locali e dei bar». Da restare basiti.