Spopola la pizza con gli avanzi del caffè, ecco la nuova ricetta
Parliamo di cucina di recupero. A Pasqua? Sì, proprio a Pasqua. Intanto perché ci saranno avanzi dal pranzo da riciclare. E per ricordare che la cucina piemontese, anche quella della feste, è per definizione una cucina di recupero. Sono nate per utilizzare gli avanzi proprio le specialità più classiche, gli agnolotti con il ripieno fatto con resti di carni e verdure, la finanziera, piatto povero per riciclare le frattaglie scartate, il fritto misto. E poi il bruss, tradizione contadina piemontese di recuperare avanzi di formaggi diversi e macerarli nella grappa, o la panada di pane avanzato e brodo.
Ma adesso si va oltre, con un avanzo mai usato prima: i fondi di caffè, proprio quelli delle macchine del bar. L’idea innovativa è di Domenico Volgare, chef di Fuzion Food di via Volta, che ha scoperto quasi per caso un progetto di recupero dei fondi di caffè a fini alimentari. Un modello virtuoso di sostenibilità che trasforma un prodotto di scarto in una risorsa, secondo i principi dell’economia circolare. Dai fondi si ottiene infatti una particolare fibra di caffè che lo chef utilizza nei suoi prodotti da forno. Con vantaggi salutari: aumenta il contenuto di fibre del 50% e di proteine del 10%, riduce calorie e zuccheri oltre ad arricchire l’impasto di calcio, potassio, fosforo e magnesio. E zero caffeina, eliminata nella lavorazione. Non occorre un caffè speciale: la fibra si ricava dai fondi di caffè del suo locale e di alcuni bar.
Cosa prepara lo chef con la fibra di caffè? Pasta, pane, torte, lievitati, biscotti, fette biscottate. Ma soprattutto la pizza, una vera scoperta, in fatto di texture e soprattutto di gusto. Non sa di caffè, naturalmente: rivela piuttosto un particolare sapore rustico, di tostato, che varia secondo la percentuale di fibra: nella pizza è del 7/10%. Il colore è leggermente più scuro ma invitante. Entrata in produzione proprio in questi giorni, la «pizza al caffè» incuriosisce e piace. Prova del nove per iniziare la classica margherita, impasto «al caffè» e pomodoro e mozzarella dalla masseria pugliese dello chef, un abbinamento perfetto che esalta i sapori, e già sono allo studio altri topping.
Sempre nell’ottica del riciclo dei sottoprodotti del caffè, tra qualche giorno sarà sul mercato un gin veramente speciale, unico al momento. Viene realizzato con una tecnica ideata da Fabio Verona, esperto di caffè, insieme a Distillerie Vincenzi di Moncalieri. Tutto inizia dalla cascara, ovvero polpa e buccia del caffè essicate. Da quando l’Unione Europea l’ha inserita come nuovo alimento tradizionale dei paesi terzi si trova in vendita come Coffee Cherry tea per preparare infusi.
Nelle regioni produttrici di caffè le componenti esterne del frutto sono impiegate come concime dei terreni agricoli, alcuni piccoli produttori la trasformano in confetture e liquori. La cascara è ricca di zuccheri e antiossidanti, ha sentori di uva passa, fichi secchi, datteri con note di ibisco. Da questi presupposti, nasce il Sun-dried Gin. Un gin prodotto con bacche di ginepro toscano in cui viene messa a macerare la cascara proveniente da piantagioni biologiche del Perù. Sicuramente un gin insolito, dalle note aromatiche inedite, da degustare liscio oppure in leggera miscelazione. Ha un bel colore ambrato (non contiene coloranti), e la dolcezza del dattero, l’acidità dei frutti rossi, ricorda le note del preferito con la ciliegia al liquore. E la bottiglia è in vetro riciclato. L’economia circolare avanza anche a tavola, menomale. corriere.it