Capre sulle macchine e nei giardini, ecco l’adozione boom di richieste anche dall’estero
Le capre di Alicudi sono diventate un fenomeno internazionale dopo la diffusione della notizia del bando per la loro adozione. Presenti in numero sei volte superiore alla popolazione locale – circa 600, a fronte di un centinaio di residenti – sono considerate in sovrannumero e di conseguenza un problema, anche perché faticando a trovare cibo nella parte alta dell’isola non disdegnano di spingersi più in basso e di interferire con le attività agricole. Di qui la decisione di assegnarle a chiunque fosse disponibile ad accoglierle. La notizia era stata rilanciata anche dalla Bbc, dalla Cbs, dal Guardian e altri media stranieri. E le richieste di adozione non sono mancate. Ne sono arrivate ben 1903, più di tre volte più rispetto alla disponibilità.
Sono arrivate domande da agricoltori locali, ma anche da altre Regioni e perfino dall’estero, vista la risonanza che il bando ha avuto. Si poteva fare domanda per un numero di capi fino a 50 e in molti hanno risposto chiedendo proprio il numero massimo. Dal Belgio un uomo ha fatto invece richiesta per un solo capo, probabilmente per accudirlo come animale domestico. Altre domande sono pervenute dalla Basilicata, dalla Campania, dalla Valle d’Aosta. L’iniziativa non piace però alle associazioni animaliste, che hanno palesato il loro no a quello che definiscono «l’esodo delle capre» e che contestano la possibilità che gli animali possano poi essere sfruttati per la produzione di latte o finire macellati. Un modo bizzarro, sostengono, per tutelarli.
Al Corriere della Sera svela l’origine e il senso dell’iniziativa l’ideatore del progetto, Giovanni Dell’Acqua, dirigente del Servizio per il Territorio di Messina. «Siamo felici che vi sia tanta attenzione verso la meravigliosa Alicudi e verso le capre – spiega il funzionario -. L’idea della cessione gratuita è stata studiata e valutata per salvaguardare innanzitutto gli animali che, in questo modo, continueranno la loro vita presso le aziende agricole zootecniche della Sicilia. Il boom delle richieste dimostra la bontà dell’intervento». Quanto alle proteste, Dell’Acqua spiega che «c’è la piena apertura al dialogo con le associazioni animaliste» e ricorda che ci sono tutte le autorizzazioni a partire dall’Ispra, massima autorità nazionale sulla protezione animali, e passando per il Consiglio regionale per la protezione del patrimonio naturale e dal Dipartimento Ambiente. «Avremo cura degli animali catturati – sostiene – perché verranno immessi in recinti di stabulazione per garantire loro le condizioni di benessere e, infine, verranno consegnati ai richiedenti e trasportati all’interno di gabbie e/o mezzi idonei dopo tutti i controlli sanitari a cura del servizio veterinario dell’Asp di Messina».
Anche il sindaco di Lipari (ente che comprende le isole di Vulcano, Panarea, Stromboli, Filicudi e Alicudi), Riccardo Gullo, che con un suo post aveva fatto emergere il caso, ha espresso soddisfazione per la grande attenzione verso le capre e verso Alicudi. In molti lo hanno contattato perché incuriositi da questa storia. Non vi è alcuna guerra con le capre – dice -, vanno salvate tutte».
Nell’isola, un vulcano spento sorto 150 mila anni fa, le capre hanno il loro «paradiso» nella parte alta della montagna dove vivono in piena libertà ma la loro crescita impetuosa e la necessaria ricerca di cibo ha portato una buona parte di loro a scendere nel paese. Le capre sono di razza Girgetana, Saanen e Nana Tibetana. La convivenza tra abitanti e capre selvatiche, così come con gli altri animali, ad Alicudi è sempre stata armonica. La moltiplicazione esponenziale delle capre ha però creato danni agli orti e ai giardini di abitanti e villeggianti, suscitando delle richieste di intervento efficace. Danni sono stati registrati anche sui muretti a secco, installazioni secolari e riconosciute come patrimonio dell’Umanità. Dagli animalisti, come detto, sono però giunte molte critiche. «Questa idea di eradicazione e ricollocazione degli animali è inaccettabile – sottolinea Piera Rosati, presidente nazionale di Lndc Animal Protection -. Abbiamo appreso con sgomento dell’iniziativa della Regione. Le capre selvatiche che da tempo ormai abitano l’isola, non possono essere strappate da quello che è a tutti gli effetti il loro habitat per essere date ad allevatori, da cui verranno sfruttate e vendute per andare al macello. Se davvero ci troviamo davanti a un sovraffollamento di questi animali, si sarebbe dovuto agire prima con un piano di controllo delle nascite». corriere.it