Tumore al polmone, si guadagnano più di 7 anni di vita con gli esami di screening 

In Italia, il carcinoma polmonare rappresenta la più frequente causa di morte oncologica, con 34.000 nuovi decessi all’anno. Per curare questo tumore, però, negli ultimi anni si sono registrati importanti progressi nella chirurgia e nelle terapie farmacologiche, che hanno permesso (anche grazie alla prevenzione primaria, a partire della lotta al tabagismo) di aumentare significativamente le aspettative di sopravvivenza dei pazienti. Ma il successo dei trattamenti è legato alla precocità della diagnosi. Ed è per questo motivo che l’implementazione di un programma strutturato di screening polmonare deve rappresentare una priorità nell’ambito degli interventi e delle politiche di sanità pubblica.
Per contribuire ad un dibattito aperto sul tema, C.R.E.A. Sanità ha sviluppato (con il contributo di Roche Italia) un innovativo modello che, per la prima volta (integrando e aggiornando uno studio precedente) analizza anche l’impatto di farmaci innovativi come l’immunoterapia, di recente introduzione, e offre una valutazione economica dello screening del cancro al polmone, basata su evidenze di costo-efficacia, costo-utilità, impatto finanziario (budget impact). I risultati del modello stimano che l’attuazione di un programma di screening nazionale nei pazienti ad alto rischio, consentirebbe, grazie ad una diagnosi tempestiva, un incremento della sopravvivenza dei pazienti sottoposti a screening di 7,63 anni rispetto a chi non vi è stato sottoposto, a fronte di una riduzione dei costi sanitari pari 2,3 miliardi di euro, in un orizzonte temporale di 30 anni. In termini finanziari, va previsto un investimento iniziale nel primo anno (legato anche all’organizzazione dello screening) pari a circa 80 milioni di euro, che sarebbe però più che compensato dai risparmi pari a circa 180 milioni di euro già al primo anno. 
«Il modello elaborato dimostra che la promozione di uno screening della popolazione ad alto rischio per il carcinoma polmonare è una politica di sanità pubblica efficace ed efficiente che, purché adeguatamente promossa e incentivata, risulta anche sostenibile da un punto di vista finanziario» spiega Federico Spandonaro, professore aggregato Università degli Studi di Roma Tor Vergata e presidente del Comitato Scientifico C.R.E.A. Sanità. Negli ultimi 20 anni sono stati condotti numerosi studi sullo screening per il tumore del polmone ed è stato dimostrato che la Tac spirale , un esame radiologico dei polmoni, è in grado di individuare lesioni e noduli polmonari molto piccoli, nei forti fumatori fra i 55 e gli 80 anni e nei forti ex fumatori che hanno smesso da meno di 15 anni. È stato evidenziato come questo test una volta l’anno possa ridurre la mortalità per cancro al polmone del 20%. Se tra i possibili «contro» ci sono le radiazioni accumulate con il test, fra i «pro» va ricordato che per i forti fumatori il rischio di morire per cancro polmonare è molto alto. Sulla base di numerose evidenze scientifiche le nuove raccomandazioni europee lo consigliano e indicano che sia abbinato a percorsi per aiutare i tabagisti a smettere. In Italia sono in corso quattro studi (CCM 2019, ITALUNG-2, RISP, PEOPLHE) che si dovrebbero concludere nel 2024.
«Parallelamente alla lotta al tabagismo, è prioritario favorire l’accesso allo screening ai soggetti ad alto rischio cioè fumatori o ex forti fumatori sopra i 50 anni – diceGiulia Veronesi, direttrice del Programma di Chirurgia Robotica Toracica presso l’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano –. Le società scientifiche internazionali e la Commissione Europea stanno già andando in questa direzione e raccomandano, per questi soggetti, regolari TAC al torace a basso dosaggio di radiazioni, per un monitoraggio adeguato. Quando il tumore al polmone viene diagnosticato e trattato in fase precoce con chirurgia e farmaci si possono raggiungere tassi di sopravvivenza a 5 anni intorno all’80%. Per questo, investire in un programma strutturato di screening polmonare è oggi più cruciale che mai, perché consente un guadagno di vita di oltre 7 anni a fronte di un risparmio economico per il sistema sanitario nazionale».
Il modello presentato fornisce uno strumento prezioso, se si tiene conto del fatto che, tra tutti i tumori, quello al polmone è quello a maggiore impatto per la società: a livello mondiale l’onere raggiunge i 4mila miliardi di dollari, mentre in Italia è stato stimato un costo annuo di 2,5 miliardi di euro. E in un contesto di risorse limitate per le politiche pubbliche, l’aspetto economico non può essere trascurato.
«Mentre è ormai prassi consolidata fornire evidenze anche in termini di costo-efficacia delle terapie, ci sono ancora pochi dati e analisi di questo tipo sullo screening – commenta Francesco Perrone, presidente Aiom (Associazione Italiana di Oncologia Medica) –. Il modello presentato sul polmone è, per questo, molto interessante e ha il potenziale per essere replicato e applicato ad altri screening oncologici, fornendo uno strumento di grande valore per guidare le politiche sanitarie».
Assumendo di effettuare lo screening con frequenza biennale sulla popolazione ad alto rischio (rappresentata dai soggetti di età compresa fra 50 e 79 anni con forte esposizione al fumo, più di 30 pacchetti all’anno), considerando un orizzonte temporale di 30 anni e adottando, infine, un tasso di risposta del 30%, il modello predisposto stima che sarà necessario effettuare in media circa 460mila Tac a basso dosaggio annue (circa 360mila a regime, se non si modificheranno significativamente le abitudini di fumo).
Il lavoro è stato implementato con il supporto di un board scientifico composto da: Giulia Veronesi; Roberto Ferrara, medico oncologo e ricercatore  all’Università Vita e Salute San Raffaele, Milano; Paolo Graziano, direttore Unità di Patologia Casa Sollievo della Sofferenza, San Giovanni Rotondo (Foggia). corriere.it