Taglia il pene all’ex marito, condannata a 8 anni di reclusione

A Lorena Bobbitt, protagonista del caso più celebre a livello mondiale, andò decisamente meglio (in quanto venne assolta). In questo caso, invece, neanche l’ultima perizia è servita per scagionare l’imputata: una 35enne di origini etiopi, già in carcere dall’agosto 2023, è stata condannata a otto anni di reclusione – e all’espulsione dall’Italia una volta espiati – nonché al pagamento di 60mila euro di risarcimento danni per le «lesioni volontarie gravissime e aggravate» causate all’ex marito, connazionale di dieci anni più vecchio residente a Marghera (Venezia), il quale era stato evirato proprio dalla donna. La sentenza è stata pronunciata dal collegio di giudici presieduto da Francesca Zancan al termine dell’udienza tenutasi ieri alla Cittadella della Giustizia di Venezia e che ha dato seguito a quella di marzo, nel corso della quale il pm Laura Villan aveva chiesto una condanna a dieci anni mentre gli avvocati difensori Paolo Polato e Serenella Maluta avevano a loro volta chiesto di valutare una riqualificazione del reato in lesioni colpose. I fatti risalgono al 12 agosto dello scorso anno, quando la donna si trovava a Marghera a casa dell’ex marito (da cui ha avuto una figlia ma è separata da anni, tanto da vivere in provincia di Roma con un nuovo compagno) per firmare alcune carte. Stando a quanto riferito nelle precedenti udienze lui l’aveva poi invitata prima a fermarsi per cena e quindi a dormire: la donna, una volta accettato, si sarebbe inizialmente messa nella stanza singola, con l’ex marito che le avrebbe poi chiesto un massaggio alla testa mentre si trovava sul letto matrimoniale. È da questo punto che le versioni fornite dai protagonisti della vicenda diventano completamente discordanti. L’uomo, costituito parte civile con l’avvocato Marco Marcelli, ha infatti negato di aver tentato di costringerla ad avere un rapporto sebbene sempre secondo lui ci sarebbe stata, tanto da essersi spogliata prima di aggredirlo mentre si accarezzavano, con lei sopra che gli dava le spalle. L’ex moglie ha invece avuto modo di ribadire più volte nelle scorse udienze di essersi difesa, in quanto non avrebbe mai accettato di avere un rapporto sessuale con il connazionale 45enne per non mancare di rispetto al compagno, affermando inoltre che era rimasta vestita, che lo guardava in faccia (anche se, secondo il medico legale, è più probabile la versione dell’uomo) e che il coltello non l’aveva lei bensì lui, che si era portato un piatto con le posate per mangiare un frutto. La donna aveva testualmente riferito in merito: «Io ero vestita, lui voleva fare sesso. A un certo punto mi ha messo le mani al collo e mi ha tirato un pugno. Io ho preso un coltello che era sopra un piatto sul comodino e l’ho colpito». Un taglio netto che oltre a recidergli quasi completamento il pene gli aveva lacerato anche un testicolo, facendolo uscire: grazie all’immediato intervento chirurgico a cui si era sottoposto l’uomo all’Urologia dell’ospedale dell’Angelo l’organo genitale era stato attaccato, ma la consulenza medico legale aveva concluso che c’è stato un forte indebolimento permanente della parte e forse anche una difficoltà a procreare. Proprio questa perizia è stata alla base dell’udienza di ieri: già a marzo il pm Villan, sulla base di una consulenza medico legale, aveva sostenuto che ci fossero elevate probabilità che il pene dell’uomo avesse perso funzionalità. Una tesi portata avanti anche ieri, e che è costata la condanna alla donna. Delusi per la sentenza gli avvocati difensori Paolo Polato e Serenella Maluta, che faranno appello alla luce di una pena considerata pesante. corriere.it