Droga la moglie e contatta uomini per abusare di lei, poi riprende tutto con la telecamera
Il processo di Avignone per gli stupri di Mazan conosce questa mattina il suo momento più drammatico con la testimonianza della vittima, la settantenne Gisèle Pélicot, che per una decina d’anni è stata drogata e resa incosciente dal marito, prima di venire violentata nella loro casa di Mazan, nel sud della Francia, da decine di sconosciuti da lui reclutati. È stato lo stesso marito a filmare le violenze, che sarebbero probabilmente continuate se nel settembre 2020 non fosse stato denunciato dopo avere filmato di nascosto tre clienti in un supermercato. Durante le indagini per quel reato i poliziotti hanno scoperto i video di 92 stupri, e identificato 50 responsabili oltre al marito. Trentacinque di loro hanno riconosciuto rapporti sessuali, ma non l’intenzione di commettere violenza, nonostante i video siano inequivocabili.
Gisèle Pélicot vuole che il processo sia pubblico, ed entra nell’aula del tribunale di Avignone accompagnata dai suoi tre figli e dai suoi avvocati.
«Vorrei per prima cosa descrivere una vicenda che per me comincia il 19 settembre 2020», dice Gisèle Pélicot. Quel giorno suo marito Dominique Pélicot gli dice di avere fatto una sciocchezza, è stato sorpreso mentre filmava sotto la gonna di tre donne in un supermercato vicino a casa, a Carpentras. «Sono stupita – dice la donna -. In cinquant’anni di vita insieme, non ha mai avuto gesti osceni. Gli dico che per questa volta lo perdono, ma che non ci dovranno essere altri fatti simili e che dovrà scusarsi con queste donne. Non immagino l’ampiezza di quel che scoprirò poco dopo». P
Il 2 novembre 2020, marito e moglie sono convocati nel commissariato di polizia di Carpentras. «Per cinquant’anni ho sempre sostenuto mio marito. Non abbiamo avuto una vita lineare, ma siamo sempre rimasti uniti. Sono sempre rimasta accanto a lui durante i problemi finanziari, di coppia, di salute. Quando ci hanno convocati pensavo di dovere risolvere una formalità. Ma il poliziotto mi pone una serie di domande, non capisco». Richiesta di un giudizio sul marito, Gisèle Pélicot risponde «una persona per bene, o un brav’uomo, non mi ricordo esattamente. Ma il poliziotto mi avverte, le mostrerò cose che non le faranno piacere, e io non immagino cosa possa essere. Mi porge una fotografia, ma non ho gli occhiali, non riconosco la donna sul letto. Il poliziotto mi dice di guardare bene. Faccio fatica a riconoscermi, ho strani indumenti addosso. Alla terza foto gli dico di fermarsi. Sono scene di violenza, sono inerte, addormentata, e mi stanno violentando. Anzi, violenza non è la parola giusta, è una barbarie. Ho solo un desiderio, rifugiarmi a casa mia».
«Il mio mondo crolla. Tutto quello che ho costruito con il signor Pélicot cade in pezzi. Tre figli, sette nipoti, una coppia unita. I nostri amici ci dicevano che eravamo la coppia ideale. Voglio sparire, penso a prendere l’auto con il mio cane e a farla finita».
La donna chiama allora il marito di una dei suoi tre figli, Carolina, e gli racconta quel che le è successo. Più tardi trova il coraggio di chiamare la figlia. «Le chiedo se suo marito è con lei, le dico di sedersi. Sento come l’urlo di un animale. Questo grido resterà impresso nella mia memoria. Mio genero prendere il telefono. Poi devo chiamare i miei due figli. Quando spiego loro la situazione, non sono sicura che abbiano capito bene».
Gisèle Pélicot ha visto i video delle violenze subite nel maggio scorso. «Li ho visti tutti, tutti. Non sono scene di sesso, sono scene di violenza. Sono due o tre sopra di me, io sono inerte. Voglio che la mia testimonianza sia pubblica perché nessuna donna debba subire una sottomissione chimica come quella che ho patito io. Per quanto riguarda me, il male è fatto. Ma ho voluto queste udienze a porte aperte per aiutare tutte le donne, che forse non saranno mai riconosciute come vittime».
Gisèle Pélicot sottolinea di avere avuto due soli uomini nella vita, uno dei quali è il marito Dominique, organizzatore delle violenze, che è rimasto con lo sguardo basso, fissando il pavimento, durante la testimonianza della donna. Verso la fine dei 10 anni delle violenze, dal 2011 al 2020, Gisèle Pélicot ha avuto gravi problemi di salute, una grande stanchezza e perdita di memoria, causati dai potenti sonniferi e dagli altri farmaci che le venivano somministrati di nascosto dal marito. Imputato principale nel processo assieme ad altri 50 uomini reclutati online, Dominique Pélicot deporrà in tribunale mercoledì prossimo. Il processo dovrebbe chiudersi entro dicembre. corriere.it