Abusa della nipote di 3 anni, condannato a 9 anni di carcere

Il pedofilo, stavolta, viene dall’interno. Un trentenne romano, R.P., è accusato di aver molestato sessualmente la nipotina di tre anni, accarezzandola nelle parti intime mentre era affidata alle sue cure. Nel corso dell’udienza per il processo abbreviato (che implica lo sconto di un terzo della pena) il pm Carlo Villani ha sollecitato 8 anni e 8 mesi di carcere nei suoi confronti ma la sentenza sarà decisa nei prossimi giorni.
La trama di questa storia pare confermare quello che gli esperti di abusi (magistrati, psicologi, investigatori) ripetono circa la necessità di indagare in prima battuta sulla famiglia di origine della vittima. Partiamo dalla fine, vale a dire dalla denuncia di una madre coraggiosa e sofferente per una serie di assalti sessuali patiti dal fratello fin dalla sua infanzia. La donna si rende conto che qualcosa in sua figlia non va. Siamo nell’epoca post pandemica e la mamma si rivolge alle forze dell’ordine. Ne nasce un’inchiesta approfondita che inquieta ma che, intanto, ricostruisce un dettaglio dopo l’altro l’abuso. I genitori della bimba che chiameremo Sara (a tutela della sua privacy) lavorano, dunque la piccola viene lasciata, di quando in quando, allo zio oppure alla nonna. In quei casi R.P. la assale con gesti poco equivocabili. Carezze essenzialmente. Sara fatica a comprendere, avverte confusamente una sensazione di disagio o pericolo a causa dello zio e il suo malessere viene intercettato dalla mamma che ieri, in aula, ha pianto di sgomento e rabbia per buona parte dell’udienza. La donna aveva riferito ai carabinieri la modalità attraverso la quale aveva scoperto le violenze. Durante l’applicazione alla bimba di una crema anti arrossamento nelle parti intime quest’ultima aveva detto: «Anche zio fa così». Da questa piccola constatazione la mamma era partita per accertare quel che era avvenuto. La donna, scrupolosamente, si rivolge a un’associazione specializzata in problemi del genere, dove una psicologa suggerisce di presentare una denuncia che interrompa la lunga catena di abusi. E qui si apre un ulteriore capitolo: in un colloquio tanto riservato quanto angoscioso con i carabinieri la mamma ricostruisce il proprio passato puntando il dito contro il fratello che l’aveva molestata a suo tempo, infilandosi di notte nel suo letto e toccandola con le stesse modalità utilizzate anni dopo nei confronti di sua figlia. Dettaglio altrettanto agghiacciante: la famiglia, a cominciare dalla nonna, erano stati avvisati delle abitudini predatorie dello zio, solo avevano preferito non credere, trascurando i segnali di allarme che c’erano e che suggerivano prudenza.
L’inchiesta accerta le responsabilità di R.P. che finisce a processo per violenza sessuale. I suoi avvocati scelgono il rito abbreviato che consente di beneficiare dello sconto di pena. Ora la parola passa al gip. corriere.it