Antica Persia, la centralità della Russia e la via diplomatica
di Giuseppe Pizzuti
Se guardiamo al vicino oriente ci accorgiamo del ritorno della Russia di Putin a superpotenza globale con l’emersione di nuove potenze regionali, fra tutte l’Iran. Nella storia sembra esserci un filo rosso, che difficilmente si spezza; l’Iran, l’antica Persia, è stata 2000 anni fa lo scoglio contro cui la potenza egemone dell’epoca, ossia Roma, si è scontrata senza mai prevalere realmente, 2000 anni dopo gli iraniani sono stati l’unica potenza a contrapporsi all’imperialismo americano, riuscendo ad avere successo in questa lotta.
Ma cos’è successo in questi anni? Agli inizi degli anni 2000, con la teoria del nuovo secolo americano, teoria prevalente sia tra gli ambienti NeoCon sia Progressisti, era stato immaginato che per mantenere il ruolo di superpotenza mondiale gli Stati Uniti si prefissassero come obiettivo quello di controllare il medio oriente, e le ragioni sono presto dette: petrolio, gas naturale e dollaro.
Gli Stati Uniti con questa mossa cercarono di controllare le risorse naturali in modo da poter tenere sotto scacco le due potenze mondiali in grado di offuscare la grandezza degli USA, ossia Cina e Europa, entrambi giganti economici che per far funzionare le proprie aziende avevano bisogno delle risorse naturali, in gran parte provenienti da quelle zone. Per quanto riguarda il dollaro si cercava, attraverso i petroldollari, di mantenere l’egemonia globale della propria moneta negli scambi internazionali. Questi sono stati i principali motivi che portarono gli americani a sviluppare la necessità di controllare il vicino oriente.
Nel 2003 dopo il conflitto che sconfisse e rovesciò il regime di Saddam, l’America si trovò difronte ad un altro importante problema; una continua resistenza del popolo iracheno che portò gli USA in una lunga ed inesorabile guerra di logoramento. Caduto Saddam, di ispirazione sunnita, la maggioranza del paese, ossia gli sciiti, iniziarono a guardare all’Iran che prima invece consideravano un nemico. La distinzione e i contrasti tra sunniti e sciiti, — che va intesa non soltanto in senso religioso, ma anche etnico e tribale – è un altro importantissimo fattore da tenere in considerazione per capire gli sconvolgimenti che al giorno d’oggi scuotono il medio oriente.
Nel frattempo l’Iran iniziava a conquistare rispetto e potenza nell’area. Successivamente, sfruttando i contrasti tra sunniti e sciiti, gli americani hanno messo in piedi un blocco di paesi di ispirazione sunnita (Emirati Arabi, Arabia Saudita, le varie petromonarchie del Golfo e la Turchia) con l’intento di creare un sistema offensivo che potesse rovesciare diversi paesi non allineati. E’ qui che nasce lo Stato Islamico. L’obiettivo di Obama, completamente cambiato rispetto all’invasione dell’Iraq del 2003, era quello di conquistare la Siria attraverso l’integralismo islamico; ossia innescare una bomba culturale che andasse a contrapporre i sunniti (ribelli) ad Assad (sciita). E’ bene ricordarlo che nonostante il Presidente siriano Assad sia di ispirazione musulmana sciita, la Siria è un paese laico nel quale convive anche un 10% di Cristiani.
Difronte a questo scenario sia l’Iran, ma soprattutto la Russia, decidono di inviare alcune risorse militari in Siria per contrastare l’avanzata dell’integralismo islamico supportato dal famoso blocco sunnita, dagli Stati Uniti di Obama e dalla Francia. I siriani, grazie al supporto di Teheran e di Putin, sono riusciti a debellare in parte il terrorismo dei tagliagole dell’Isis, la creatura voluta e supportata dalla politica estera di Obama. E’ in questo momento che l’Iran rafforza la sua presenza nel territorio andando a costituire una vera e propria egemonia in quella che è la mezzaluna sciita, quel territorio che va dall’antica persia, Iraq, Siria sino al Libano, in stretto coordinamento con Mosca che è tornata a far sentire la propria voce nel Medio Oriente, andando ad assumere un ruolo di potenza militare mondiale.
La politica estera di Obama, premio Nobel per la Pace, è totalmente crollata sotto la strategia, diplomatica e militare, della Russia e dell’Iran. Stessa fine è toccata ad Erdogan per quanto concerne le mire espansive in Siria, dovendosi accontentare di un piccolo territorio-cuscinetto. Oggi l’Europa, che prende a pesci in faccia Putin e tutti coloro che provano a istaurare dei rapporti con lui, dovrebbe ringraziare la Russia per aver dapprima debellato l’Isis in Siria e successivamente la minaccia dei 3 milioni di profughi siriani che ogni giorno Erdogan sbandiera sotto il naso di Bruxelles.
Le tensioni chiaramente, per via della contrapposizione tra sciiti e sunniti, rimangono forti nell’area ma a quanto pare sia l’Arabia Saudita che gli Emirati Arabi, dopo il ritiro delle truppe statunitensi e la fortissima presenza russa, stanno cercando vie diplomatiche per trattare con l’Iran, soprattutto dopo le dimostrazioni di forza di Teheran che ha attaccato e distrutto importantissime infrastrutture petrolifere saudite. Successivamente anche gli Emirati hanno ammorbidito la loro posizione contro l’Iran e hanno “sbloccato” 700 milioni di dollari iraniani, congelati a seguito delle sanzioni USA contro il programma nucleare di Teheran. Da registrare anche la visita del presidente russo Putin nel Golfo, sia in Arabia che negli Emirati, dove ha posto le basi per una più ampia cooperazione soprattutto nel settore dell’energia.
Lo stesso Stato ebraico di Israele sta cercando vie diplomatiche per trattare con l’Iran ed evitare un conflitto bellico. Scopo principale dei negoziati è quello di trovare un punto di incontro per mettere definitivamente in soffitta le acredini tra i due Stati, arrivando ad una completa e pacifica coesistenza nella regione. E’ chiaro che gli sforzi della Russia nella regione non sarebbe stati possibili se non ci fosse stato un cambio di passo nella politica estera e militare degli Stati Uniti. Trump ha completamente modificato il punto di vista degli USA e ha capito perfettamente che un asse con la Russia è di fondamentale importanza in un mondo che si prepara ad essere “multipolare” con l’ascesa di nuove potenze come Cina e India.