Aumentano i morti sul lavoro, commemoriamo queste persone
di Thaira Mangiapelo
Esiste la morte di serie A e quella di serie B? Per me no, però a quanto pare per una parte della nostra società sì. Un agente di polizia o un carabiniere deceduto in servizio diventa il lutto di tutti. E mi sta bene. Ma non mi non sta per niente bene, invece, che non si parli di quei decessi che riguardano altre professioni, di quelle persone che perdono la vita a causa del proprio lavoro, della sofferenza dei loro familiari che non li vedono più rientrare a casa. La morte di un muratore che lavora 10 ore al giorno, d’estate sotto il sole a 40 gradi mangiando un panino all’ombra per la pausa pranzo o d’inverno con il gelo che blocca le mani merita per caso meno attenzione? Tra i settori più a rischio ci sono infatti l’edilizia ma anche l’autotrasporto e le fabbriche. In pole position c’ è l’agricoltura. La vera bestia nera. Ci sono più vittime negli incidenti con i trattori agricoli nei campi che sull’intera rete autostradale. Non parliamo poi di chi lavora sulle autostrade. Le macchine frecciano vicino ai cantieri senza rispettare il limite indicato dai cartelli. Nelle classifiche delle professioni più pericolose oltre ai braccianti, cavatori, manovali, autotrasportatori e magazzinieri ci sono anche gli impiegati che sono sottoposti a rtimi di lavoro frenetici, stressanti e spesso mal pagati. In Italia si stimano tre morti al giorno sul lavoro che riguardano le succitate professioni, che sono poi quelle più a rischio. La mia domanda è questa: ogni tanto qualcuno può commemorare queste persone? Non saranno servitori dello Stato, ma della collettività sì.