Bambino si toglie la vita con i social-“Devo seguire l’uomo con il cappuccio”
di Ilaria Passeri
Si fanno sempre più forti i sospetti sulla macabra realtà virtuale che, nella notte tra il 29 e il 30 settembre scorso, avrebbe portato al suicidio un bambino napoletano di undici anni.
Stando ad alcune indiscrezioni, i genitori del piccolo avrebbero trovato un biglietto di addio contenente queste parole: “Mamma papà vi voglio bene ma devo seguire l’uomo con il cappuccio”.
Una frase che ha subito allarmato gli inquirenti, pronti a battere la pista del web, alla ricerca di indizi su una possibile “challenge della morte”.
Non sarebbe, del resto, la prima volta che ci troviamo di fronte a perverse trappole della rete, deputate a catturare le sensibili menti degli adolescenti.
Tutti ricorderanno la lunga indagine del programma tv “Le Iene” sul fenomeno “Blue Whale”; un gioco che prevedeva alcuni step da superare, e poi un’ultima “coraggiosa” sfida finale da affrontare: un mortale salto nel vuoto.
La faccenda aveva suscitato scalpore e sconcerto, ma alla fine, come spesso accade, aveva preso il sopravvento l’ipotesi della fake news ed era calato un gelido silenzio su centinaia di testimonianze.
Solo pochi mesi fa, il Resto del Carlino, dopo aver raccolto la denuncia di alcuni genitori di Ancona, aveva riportato sotto i riflettori un nuovo gioco del web: “Jonathan Galindo”.
Dietro un profilo falso, con l’immagine di Pippo della Walt Disney, ci sarebbe qualcuno pronto ad adescare giovani adolescenti sui social network, a proporre loro un percorso fatto di sfide da superare e, in ultimo, a spingerli alla morte con un salto nel vuoto.
Proprio Jonathan Galindo sarebbe l’uomo incappucciato di cui parla il bambino suicida di undici anni nella lettera lasciata ai propri cari.
Ancora nessuno sa chi o cosa si nasconda dietro a queste trappole mortali piazzate all’interno del web come mine vaganti. Nessuno può immaginare cosa si celi dietro chi, senza inibizioni morali, istiga alla morte delle vite appena sbocciate.
Però tutti dovremmo seriamente riflettere sui rischi che comporta la rete, ogni volta che lasciamo i nostri figli con un pc, uno smartphone o un tablet in mano. Nessun bambino deve morire a causa di un “gioco”.