Bonino a Veroli-“Cancellare i decreti di Salvini, gestire i flussi migratori”
di Giorgia Spaziani
I valori nascono come convenzioni sociali e rispondono alla necessità di misurare gli errori commessi nella vita civile ed infine di dirimerli. Dunque, i valori sono gli atavici pilastri della Democrazia, e sebbene la prerogativa sia stata denaturata nel tempo, la Bonino ne esprime il significato congenito.
Nonostante la fragilità fisica, Emma Bonino, che nel 2011 è stata inserita tra le 150 donne in grado di muovere il mondo, conserva tutt’ora una fervida energia. Rilascia un’intervista il 30 Luglio a Veroli in occasione del Festival della Filosofia, dopo aver recentemente profilato alle genti riunite in piazza San Silvestro a Roma il proprio dissenso alla politica sull’immigrazione espressa dagli ultimi Governi nazionali.
Una politica fondata su finanziamenti incondizionati al Governo libico che non hanno risolto i problemi dei lager e dei barconi, e che deflagrano il significato stesso della suddetta Democrazia. Con il nome di “sommersi e salvati”, l’iniziativa di Piazza San Silvestro valorizza la memoria e la dignità, traendo ispirazione dall’omonimo libro di Primo Levi.
Proprio qui la Bonino afferma che l’atteggiamento corretto sarebbe quello di ripensare la gestione degli sbarchi e delle immigrazioni, superando i decreti di sicurezza di Salvini, intrisi di demagogia.
All’appuntamento del festival di Veroli la Bonino conduce un ragionamento sul processo migratorio, commentando gli sviluppi generali, le conseguenze e la reazione irresponsabile al fenomeno migratorio dei politici italiani, con esplicito riferimento ai due malpensati decreti Salvini. Tra le numerose conseguenze si distingue l’investimento su centri di accoglienza, la cui mortificante qualità dei servizi ha determinato veri e propri “depositi umani”.
Il fenomeno migratorio fa parte della natura umana, in quanto oggettiva la necessità o la speranza di migliorare le condizioni di vita proprie e della rispettiva famiglia. La Bonino definisce il Sud Mediterraneo “una sponda giovane e povera” menzionando caute stime che riportano dati relativi al tasso di natalità nell’ultimo secolo, tra il Marocco e la Turchia. A partire da 70 milioni abitanti nel 1950, sono stati raggiunti i 430 milioni nel 2014 e per poi contare 640 milioni di residenti nel 2050.
Di conseguenza, la sovrappopolazione in un continente povero non può che risolversi nella migrazione in aree geografiche più ricche di opportunità come l’Europa. Eccetto l’Olanda, il Belgio e la Francia, l’Europa è un continente con una popolazione anziana che Galimberti definisce “reduce dell’esistenza”, giacché fedele alla tecnica che prolunga la senilità mediante le scoperte scientifiche e la ricerca medica. Tuttavia, l’Europa è anche il continente più ricco al mondo ed è dotato di privilegi in termini di qualità della vita e ricchezza del patrimonio culturale.
Con le primavere arabe del 2011 le crisi umanitarie e le dittature in Egitto, Siria, Libia, Yemen acuiscono esponenzialmente, determinando l’esigenza di un futuro migliore per sé e per la rispettiva famiglia, che la Bonino definisce “niente di più umano, niente di più valoriale”.
Continuando ad assecondare la falsa ideologia tale per cui questi flussi siano momentanei o a sé stanti, si continuerebbe a perseguire soluzioni volte a limitare il fenomeno. La Bonino adduce che invero la migrazione è un processo storico e continuo, e dunque l’adempimento fattuale è la volontà di governare i flussi, prevenendo le conseguenze.
Ebbene, la mancata accettazione del fenomeno migratorio comporta la negazione dell’integrazione e del diritto di asilo. Esclusivamente l’integrazione accompagnata dall’accettazione conduce ad esiti encomiabili in ambito economico e sociale, così come dimostrano la comunità agricola di Asti ed il restauro dei piccoli borghi.
La Bonino nomina anche il progetto SPRAR che comporta la distribuzione e l’integrazione di 3 o 4 immigrati ogni 1000 abitanti per Comune e riferisce l’infruttuosità complessiva del progetto derivante dalla scarsa adesione: solo 1200 su 8000 Comuni.
Naturalmente la ragione per cui i restanti 6800 comuni italiani non hanno aderito è chiara: il razzismo di cui Galimberti ha parlato nella prima conferenza del festival, la paura della potenza biologica straniera, l’alterigia occidentale con la quale ci si esime dalla solidarietà. Tale condotta non ha contribuito a governare il processo migratorio, non ne ha attenuato il flusso e non lo ha regolarizzato. Questa strategia non ha incrementato né la sicurezza del Paese, né l’umanità.
La pervasività degli sproloqui politici ha subito un’inconfutabile recrudescenza ed essendo impiegato per sindacare, educa la mentalità collettiva alla barbarie. Emma Bonino afferma: “dobbiamo ascoltare anche il cuore oltre che la pancia”, alludendo all’improba renitenza, ancor più onerosa rispetto alla compassione da sempre elusa.
Dunque, la Bonino propone di riaprire in maniera controllata i flussi di lavoro per integrare i rifugiati, sottraendoli non solo alla sopravvivenza in strada. Offrendo loro possibilità lavorative in settori trascurati come l’agricoltura, si eviterebbe il ricorso a losche forme di guadagno o alla delinquenza e malavita.
La Bonino afferma che rispetto all popolazione italiana di 60 milioni di abitanti, gli immigrati regolari sono solo l’8% (varrebbe a dire circa 5 milioni), mentre gli irregolari sono circa 500,000 e quindi esorta ad occuparli ed integrarli, assumendosi la dovuta responsabilità di assecondare il processo storico in atto, piuttosto che invocare invano la loro espulsione.
Emma Bonino indica che l’età giovanile, nel suo fervore naturale, è il momento da sfruttare per perseguire l’affermazione dei diritti sociali. Determinazione, vitalità e competenza dei giovani sono le prerogative della rivolta culturale con cui costruire un nuovo equilibrio sociale nel nostro Paese. Determinazione in quanto fermezza nel procedere anche di fronte agli inevitabili impedimenti. Vitalità quale piacere oltreché senso del dovere nella partecipazione civica e civile. Competenza, trasmessa dalla scuola, dall’esperienza e dal dialogo indispensabile al fine di compiere adeguate scelte di vita, che seppur dolorose, non debbono essere delegate ad altri.
La Bonino rimunera il comune buon senso con una sollecitazione finale: “Cambiare si può, tentare si deve”.