Borgo tutto innevato in Italia, si può sciare guardando il mare
A Santo Stefano d’Aveto si può sciare con vista mare, slanciando lo sguardo addirittura sino alle isole Elba, Capraia e Gorgona. Si prende la seggiovia a Rocca d’Aveto, sino a raggiugnere Prato della Cipolla: laddove, durante la primavera e l’estate, ci si incammina con l’obiettivo di arrivare in vetta al Groppo Rosso e sulle rive del Lago Nero, così come sulla cime del Maggiorasca, nei mesi più freddi gli impianti di Prato della Cipolla e del Monte Bue esaudiscono il desiderio di scendere con gli sci ai piedi degli sportivi liguri e piemontesi, oltre che lombardi, a un’altitudine che varia tra i 1.264 e i 1.785 metri.
Già teatro di una delle ultime battaglie dell’Impero romano per la dominazione sui Liguri, il suo territorio fu a lungo appannaggio dei monaci dell’abbazia di San Colombano di Bobbio, che fondarono anche il monastero di Torrio. Poi il feudo venne ceduto alla famiglia Malaspina da Federico Barbarossa con tanto di diploma imperiale: in quel periodo fu eretto anche il castello che costituisce tuttora l’icona architettonica del borgo. Poi il potere passò nelle mani dei Fieschi e successivamente l’ammiraglio Andrea Doria se ne impadronì, mentre nel 1797, con la dominazione francese di Napoleone Bonaparte entrò nel Dipartimento dei Monti Liguri Orientali. In questo borgo di poco meno di mille abitanti, situato a poco più di mille metri di altitudine, pare dunque rappresentata una larga fetta della storia della Liguria, così come in miniatura anche la sua geografia: oltre ai rilievi, infatti, del Maggiorasca e del Monte Bue, Santo Stefano si affaccia sulla Valle d’Aveto solcata dal fiume omonimo cinto da foreste di faggi e conifere.
Tra le testimonianze più significative sul piano architettonico, vi è sicuramente l’ex Colonia Piaggio, progettata negli anni ’30 del secolo scorso in località Campomenoso da Luigi Carlo Daneri che occupa un’area di 6.500 metri quadrati, e ospitava nel periodo estivo sino a tremila bambini, figli dei dipendenti degli stabilimenti Piaggio all’interno della sua silhouette leggermente curvilinea che conserva ancora oggi quel tocco frizzante di modernità.
È indubbio, però, che l’edificio di cui la popolazione locale va più fiera è il suo castello collocato in una conca alle pendici del monte Maggiorasca, eretto in quella posizione proprio per controllare i punti di accesso ai valichi appenninici: le sue origini risalirebbero al XII secolo. Anche la casa torre nella frazione di Amborzasco è assai singolare, e di sicuro condivideva funzioni difensive con il poggio di Castelà, tra Pievetta e Campomenoso, in cui restano in piedi le rovine di una torre d’osservazione, collegata con il castello di Santo Stefano d’Aveto e il Castelluzzo di Caselle-Allegrezze. Invece la Chiesa parrocchiale di Santo Stefano, anche Santuario della Madonna di Guadalupe, in stile gotico toscano, conserva una tela raffigurante la Vergine donata dal cardinale Giuseppe Maria Doria Pamphilj, segretario di Stato di Papa Pio VII, che secondo la leggenda sarebbe giunta direttamente dalla nave pilotata dal suo antenato Andrea Doria nel 1571 durante la Battaglia di Lepanto, donata all’ammiraglio dal re di Spagna Filippo II.
È a piedi, neve permettendo, che si può scoprire gaiamente il territorio assai vario di Santo Stefano, cominciando sicuramente da Allegrezze, una frazione abitata da poco più di venti persone, passando da Fontanabuona e arrivando alla Cappelletta: incantevoli e gagliarde si presentano le sequoie giganti, piantate a fine 1800, da Agostino Zaraboldi, figlio di emigranti ma nato a New York, che volle tornare nella terra dei propri avi. Non lontano si trova la chiesa di Santa Maria Assunta, che risale al XIII secolo. Anche Alpicella in mezzo a un altipiano schiacciato tra due affluenti del torrente Gramizza costituisce un insediamento panoramico abitato sin dalla preistoria. A Casoni, altra meta di un trekking emozionante, alle pendici del Monte Penna a un’altitudine di 1.018 metri, gli alpeggi e le case in pietra hanno sempre scandito e accolto l’esistenza dei suoi abitanti: solo conquistandone la fiducia si scoprirà dove si cela la zona detta del Bandito, in cui i loro avi fuggirono i rastrellamenti nazisti. corriere.it