Carbonara americana o romana, è disputa tra Italia e Stati Uniti d’America

«L’iconica pasta che provoca una disputa italo-americana». È il titolo dell’articolo che la britannica BBC ha dedicato sul proprio sito al caso mediatico nato in seguito alla recente intervista rilasciata al Financial Times dal professore mantovano Alberto Grandi, docente di Storia economica e Storia dell’alimentazione all’Università di Parma che ha ideato, insieme a Daniele Soffiati, il podcast «DOI – Denominazione di Origine Inventata».
L’autrice Anna Bressanin si è concentrata sulla questione della paternità della carbonara, contesa da italiani e americani. Avvertita da un collega statunitense sorpreso per il fatto che, nei giorni successivi alla pubblicazione dell’intervista di Grandi in Italia non si parlasse d’altro, la giornalista ha contattato alcuni esperti di cucina e storia dell’alimentazione, oltre ad alcuni ristoratori romani tra i quali Alessandro Pipero, chef del ristorante stellato «Pipero» di Roma e i titolari dell’«Antica Trattoria Perilli» a Testaccio, che hanno fornito la ricetta della carbonara. «Il 23 marzo il Financial Times ha pubblicato un articolo dedicato all’esperto Alberto Grandi, il quale sostiene che l’iconico piatto romano sia stato in realtà inventato dagli americani. Da allora c’è stato un putiferio in tutta Italia». «Perché sono tutti così appassionati?» si è domandata la BBC, che ha intervistato la giornalista Eleonora Cozzella. «È stata una combinazione di genio italiano e risorse americane», ha spiegato l’esperta, autrice del noto libro La carbonara perfetta. Cozzella ha intervistato i nipoti dei locandieri romani che, alla fine degli anni Quaranta, dopo la seconda guerra mondiale, avevano preparato da mangiare ai soldati americani a Trastevere. «Sembra che i soldati chiedessero la ‘colazione degli spaghetti’, composta da uova, pancetta e pasta — afferma Bressanin — all’epoca, nonostante il paese fosse in ginocchio, gli italiani potevano acquistare al mercato nero razioni militari di pancetta dagli americani e uova in polvere dagli inglesi. Questo potrebbe spiegare perché la prima ricetta ufficiale della carbonara sia stata pubblicata negli Stati Uniti, nel 1952». Risalire al presunto inventore della carbonara è un compito arduo perché il terreno è particolarmente scivoloso. «Nessuno ha un marchio sulla ricetta», ha sottolineato Alessandro Pipero, chef del ristorante stellato Pipero, considerato «uno dei re della carbonara». «Onestamente non mi interessa chi l’ha inventata», ha dichiarato il ristoratore all’emittente inglese. «Pipero si preoccupa di altre cose come la “rosolatura estrema” del guanciale — osserva Bressanin — un processo in cui la carne viene sminuzzata in una padella. Man mano che il grasso si scioglie, lo chef rimuove parte dell’impasto fuso con un cucchiaio. La parte magra della carne alla fine si caramella e diventa una sorta di “guanciale di popcorn”: croccante fuori e tenero dentro». La carbonara di Pipero è molto gialla, prosegue la giornalista, perché sono utilizzati solo tuorli d’uovo, uno ogni sessanta grammi di pasta. Il tutto viene mescolato con pecorino, pepe e parte del grasso fuso del guanciale, creando uno zabaione saporito e salato: «Il tocco finale: il cuoco non rimette sul fuoco la pasta con il mix di uova, ma la scalda a bagnomaria, in modo che non “cuocia” ma diventi cremosa. Poi aggiunge lentamente altro grasso liquido, mettendo alla fine il guanciale croccante». Un passaggio fondamentale perché se venisse aggiunto prima, diventerebbe morbido. «Se volessimo spaccare il capello sull’origine della carbonara, dovremmo notare che la prima ricetta italiana è stata pubblicata nell’agosto del 1954 sulla rivista La Cucina Italiana», si legge nell’articolo della BBC. Secondo la giornalista Cozzella si tratta di una ricetta insolita perché contiene «prezzemolo e persino groviera come formaggio! È come se ne avessero sentito parlare ma non sapessero di cosa stavano scrivendo». L’intervista di Grandi al Financial Times ha suscitato un dibattito appassionato: «Ridicolo e pericoloso» lo definisce Michele Antonio Fino, docente di diritto all’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo. «Nascosto tra il pecorino e un pezzo di guanciale o, magari, in fondo ai rigatoni — afferma — potrebbe celarsi niente di meno che un nazionalismo tossico, una sorta di banale nazionalismo che riguarda il cibo. La gente lo considera poco importante ma crea un certo clima: non dovremmo ignorarlo». Fino ritiene che gli italiani siano “ossessionati” dalle proprie origini e che siano impegnati a costruire la propria identità sulla base di «verità indiscutibili sul cibo, ritenute antiche e quindi sacre». Alcune di queste fondamenta sono traballanti: «Gli italiani sono ‘draconiani’ quando si tratta di carbonara e sostengono che è un sacrilegio mettere la panna. Ma meno di 40 anni fa, Gualtiero Marchesi, considerato il «padre della moderna cucina italiana», era solito aggiungere 250 millilitri di panna a 300 grammi di spaghetti, un’idea che oggi fa venire i brividi ai buongustai italiani». Bressanin ha contattato direttamente Grandi che ha commentato il clamore provocato dalla sua intervista: «Gli italiani sono così provinciali che si preoccupano solo quando gli americani scrivono di noi». Per gli italiani il cibo è cura e amore, sottolinea Bressanin: «Cozzella, la quale predilige la ricetta di Arcangelo Dandini per la carbonara — che lascia il pepe a parte — mi ha ricordato che ogni volta che una persona cara ti chiama verso mezzogiorno, la prima domanda è invariabilmente sul cibo: hai mangiato?». La rivendicazione americana della carbonara ha fatto scalpore tanto più ora che il governo Meloni ha presentato la candidatura della cucina italiana come patrimonio immateriale dell’Unesco. L’esperta Cozzella ha rassicurato la giornalista della BBC: «Non c’è dubbio che l’identità della carbonara sia italiana». Non bisogna confondere il percorso storico, fatto di incontri e scambi, con l’identità: «La carbonara è cambiata nel tempo, come tutti noi. Anche se il piatto potrebbe avere una connessione italo-americana, Cozzella afferma che sarebbe una forzatura dire che la carbonara è americana». Il docente Fino è d’accordo: “« importante sapere da dove vieni ma, in realtà, ogni giorno definisci chi sei». Forse la carbonara è stata inventata da non italiani ma adesso è indiscutibilmente romana, conclude Bressanin: «Questo perché gli ingredienti sono tipicamente romani. I rigatoni, che sono un classico in altri piatti romani come la pajata. Il guanciale che ogni famiglia teneva appeso nel camino, affumicando così dolcemente la carne. E il pecorino che ha sconfitto tutti gli altri formaggi usati in passato per questa ricetta, conferendogli il caratteristico gusto umami (gradevole e piacevole, ndr)». corriere.it