Caro-vita Milano, 20mila insegnanti chiedono trasferimento «Con il nostro stipendio non si può vivere»
Diciassettemila insegnanti, titolari di cattedre in Lombardia, hanno chiesto il trasferimento in altre regioni. Uno su tre desiderava prendere servizio in Sicilia (5.903 domande). E queste, sommate a quelle per Campania, Calabria e Puglia, ammontavano al 52 per cento del totale. Ma solo un terzo dei docenti ha ottenuto risposta positiva dal Miur e, nel 70 per cento dei casi, si tratta di spostamenti fra province lombarde. Gli insegnanti che lasceranno la nostra regione sono solo 1.711. E solo poco più di mille riusciranno a tornare al Sud: 562 in Sicilia, 209 in Calabria, 208 in Campania, 206 in Puglia. Come gli studenti fuorisede e i docenti precari, anche gli insegnanti di ruolo vedono difficile un futuro stabile qui. Soprattutto per ragioni economiche. «Io e mia moglie Marina insegniamo italiano, da 10 anni. Io sono originario di Potenza, ma ci trasferiamo nella città di mia moglie, Crotone. Io sono di ruolo, lei precaria. Fare l’insegnante è sempre stato il mio sogno e ho voglia di portare il mio contributo nella mia terra d’origine. Milano offre moltissimo, ma sulla bilancia hanno pesato il caro affitti e l’inquinamento. In Calabria abbiamo una casa di proprietà, nostro figlio crescerà vicino al mare» racconta Carlo Scavone, insegnante alle medie di Bollate. Invece Giusy Gambini, maestra alle medie di Gorgonzola attende invano il trasferimento da 4 anni, ovvero da quando è entrata in ruolo dopo 18 anni di precariato. Anche suo marito lavora nella stessa scuola. «Ci dicono che siamo pazzi a voler tornare a Marsala dopo così tanti anni e anche se siamo riusciti a comprare una casa qui, ma a Marsala c’è la nostra vera casa, in cui praticamente non ho mai abitato. Eravamo appena sposati e ho accettato una supplenza di tre giorni a Milano. E non me ne sono più andata. In Sicilia ci sono tutti i nostri famigliari. E poi potrei affittare la casa che abbiamo qui ad altri colleghi». «Troppi insegnanti si trovano bloccati in posizioni precarie o in luoghi lontani dalle proprie famiglie. Dobbiamo eliminare i vincoli che impediscono la mobilità» dice Sabrina Sanfelice della segreteria Uil Scuola Rua Lombardia. «Milano mi ha dato tanto dal punto di vista lavorativo e umano. Qui ho svolto la mia professione e ho trovato grandi amicizie. Ma con il nostro stipendio di 1.500 euro non si può vivere. Oggi sto con due ragazze vicino a piazza Udine e spendo 600 euro per una stanza, utenze escluse. L’anno scorso avevo anche la spesa per i mezzi pubblici, ora vado in bici a scuola, all’alberghiero Vespucci». Mariagiovanna Scetta, 30 anni, è insegnante di sostegno, originaria di Campobasso. A settembre si sposerà con un medico di base che lavora in Molise, e lei prenderà servizio in una scuola in provincia di Chieti, più vicina allo studio di lui. «Da casa a scuola ci metterò un’ora, ma non importa. Senza trasferimento ci saremmo sposati, ma ci saremmo visti solo nelle vacanze di Natale. Spesso rinunciavo a tornare a casa, nei ponti, se non trovavo offerte». Mariagiovanna è laureata in Economia. «Ma nella mia classe di concorso non riuscivo a trovare cattedre. Ho fatto il tirocinio per il sostegno e mi hanno chiamata subito. E anche a Chieti resterò sul sostegno: è molto gratificante lavorare con questi alunni». «Nascere siciliano significa dover mettere in conto di andarsene. E questo è ingiusto. Provo rabbia, non perché il trasferimento mi è stato negato, ma per la difficoltà che abbiamo noi siciliani di trovare lavoro nella nostra terra. Ora la mia vita si trova a un bivio». Andrea Accordino, 35 anni, laureato in ingegneria, insegnante di ruolo di informatica a Rho, da settembre si ritroverà a vivere a Milano senza il suo coinquilino e compagno. «Anche lui insegna, alle medie, ma si prenderà un anno sabbatico e deciderà cosa fare. Il precariato ti logora». Impensabile per Andrea sostenere da solo il costo del bilocale dove i due vivono oggi a Garbagnate Milanese. «Dovrò cercare un’altra casa, ma più che i soldi mi pesa la lontananza da tutti gli affetti. Dei miei amici, una metà vive in Sicilia e l’altra in giro per l’Italia. Altri vivono qui in provincia di Milano, ma siamo così presi dal lavoro che si finisce per rinunciare a trovarsi». Un lavoro che Andrea ama: «È meraviglioso, mi motiva tantissimo. E penso di essere bravo. Continuerò a cercare di tornare nella mia terra, così bella e martoriata». corriere.it