CCCP, torna la band emiliana tra Lenin e Germania Est

«Voglio rifugiarmi sotto il Patto di Varsavia, cerco un piano quinquennale/la stabilità»: negli augusti Chiostri di San Pietro, qui a Reggio, rimbomba da un passato che sembrava remoto questo vecchio e incalzante adagio punk. E non solo quello: ci sono le Emilie paranoiche, i bombardieri su Beirut, gli psicofarmaci, tra bandiere della defunta DDR e piccoli busti di Lenin. L’immaginario insomma (e la musica, certo) di quella che è stata la band più importante del rock italiano degli anni ’80, i CCCP. E che credevamo definitivamente consegnata ai libri di storia del suono. Perché i CCCP che poi diventarono i Csi e poi Pgr e poi più nulla, sembravano un capitolo chiuso come la vecchia Unione Sovietica al cui bagaglio simbolico, alla loro maniera dissacrante e situazionista, attinsero a piene mani. Per volontà dei suoi stessi inventori: non tanto il chitarrista Massimo Zamboni che sempre ha rivendicato quella militanza, ma il geniale quanto umorale cantante Giovanni Lindo Ferretti, da anni ritirato nell’Appenino a poca distanza da qui, ma in realtà lontanissimo, preso dal suo fervore spirituale (non senza punte neoconservatrici). Ebbene il 70enne Lindo è sceso dalle montagne, si è riconciliato con l’antico sodale Max e con Annarella Giudici e Danilo Fatur, i due performer imprescindibili durante i tumultuosi concerti della band. Non per una convenzionale reunion, ma per mettere innanzitutto in piedi una bella e grande mostra, «Felicitazioni», per i 40 anni del primo ep della band «Ortodossia», con catalogo annesso di Interno4 Edizioni. Con centinaia di foto, installazioni, video, sculture che raccontano, sempre col piglio situazionista ed estetizzante tipico loro, l’avventura che partì da Berlino allora Ovest (dove si incontrarono nel 1982 Lindo e Max) per tornare a Reggio e conquistare l’Italia e l’Europa. «Mi sono pacificato col passato — rivela Ferretti — e mi sono reso conto che la nostra era una storia da raccontare: il mio anticomunismo di oggi passa per il mio comunismo di ieri». E Zamboni: «Ci siamo sciolti con la caduta del Muro. Pensavamo ci aspettasse un mondo migliore, ma tra povertà in aumento e terrore diffuso non mi pare siano migliorate le cose». Il reincontro, oltre alla mostra e alla ristampa di tutti i loro dischi, prevede anche una sorta di performance ancora a Reggio, il 21 e il 22 ottobre, «Gran galà punkettone». Canteranno? «Chissà» rispondono all’unisono. Ma, come si dice oggi, è già tanta roba rivederli insieme. corriere.it