Come i disperati dalla Sicilia negli anni Sessanta, nave albanese con 20mila persone sbarca in Italia
Una malandata nave albanese, la Vlora, carica di ventimila persone in fuga dalla propria patria, giunge nel porto di Bari. A chi la guarda avvicinarsi appare come un formicaio brulicante, un groviglio indistinto di corpi aggrappati gli uni agli altri. Le operazioni di attracco sono difficili, qualcuno si butta in mare per raggiungere la terraferma a nuoto, molti urlano in coro ”Italia, Italia” facendo il segno di vittoria con le dita. La Vlora è un vecchio mercantile costruito all’inizio degli anni Sessanta a Genova. La nave, di ritorno da Cuba, arriva al porto di Durazzo, nella stiva diecimila tonnellate di zucchero. Sono in corso le operazioni di scarico quando una folla enorme di migliaia di persone assale improvvisamente il mercantile, costringendo il capitano Halim Malaqi a fare rotta verso l’Italia. È una marea incontenibile di uomini, ragazzi, donne, bambini. Il mattino dopo, ad attendere la Vlora c’è una Bari incredula e stordita e uno stadio di calcio vuoto, dove, dopo lunghissime operazioni di sgombero del porto, gli albanesi vengono scortati in attesa del rimpatrio. Era l’8 agosto 1991.
Trent’anni prima, negli anni Sessanta, un’ondata di gente proveniente dalla Sicilia, rinomata per la sua arretratezza infrastrutturale, cercava fortuna recandosi nel centro e nel nord Italia. Una moltitudine che avrebbe ingrossato e appesantito principalmente la pubblica amministrazione. Oggi in molti si accaniscono contro gli immigrati provenienti dall’Africa, dimenticando che negli anni Sessanta la gente disperata che non aveva di che vivere partiva direttamente dalla Sicilia.
Redazione Digital