Consapevolezza sull’autismo, ecco la Giornata mondiale

Si chiamano disturbi dello spettro autistico poiché non tutte le forme di autismo sono uguali: c’è chi ha difficoltà a comunicare e interagire con gli altri e ha comportamenti ripetitivi, in alcuni casi può essere alterata la coordinazione motoria, in altri può essere presente una disabilità intellettiva. Si stima che in Italia interessino circa un bambino ogni 70. I bambini, poi, diventano adulti e l’autismo rimane, come anche i problemi, compreso lo stigma che non di rado ancora circonda le persone colpite e i loro cari. Eppure hanno diritto, come gli altri, di avere una vita il più possibile autonoma.
L’inclusione in ambito scolastico, lavorativo, sociale passa anche attraverso una maggiore conoscenza della condizione e la sensibilizzazione di opinione pubblica, mondo della ricerca e istituzioni, obiettivo della giornata mondiale di consapevolezza dell’autismo, che ricorre il 2 aprile. In occasione della giornata mondiale, le Associazioni che rappresentano le persone con disturbi dello spettro autistico e i loro familiari (tra cui Angsa-Associazione nazionale genitori persone con autismo e Anffas-Associazione nazionale di famiglie e persone con disabilità intellettive e disturbi del neurosviluppo) organizzano un convegno al ministero della Salute, dal titolo: «Un’alleanza per l’autismo: diritti, comprensione, trattamenti e servizi».
«Nonostante i progressi fatti negli ultimi vent’anni per far conoscere i disturbi dello spettro autistico, una legge sull’autismo (n. 134/2015: “Disposizioni in materia di diagnosi, cura e abilitazione delle persone con disturbi dello spettro autistico e di assistenza alle famiglie”) e fondi dedicati, ancora oggi la maggior parte delle persone con disturbo dello spettro autistico e i familiari devono affrontare problemi notevoli – dice Roberto Speziale, presidente Anffas, che si prende cura e carico di circa 4.000 persone nello spettro dell’autismo e delle loro famiglie in tutta Italia –. Sappiamo che i nostri figli hanno bisogno di interventi precoci, trattamenti continuativi, misure adeguate anche in ambito scolastico; ma, a fronte di pochi che riescono ad avere accesso a prestazioni e servizi, perché hanno avuto la fortuna di nascere in alcune aree del Paese, troppe famiglie sono abbandonate a se stesse e devono cavarsela da sole nella gestione di condizioni così importanti, pagando di tasca propria anche le terapie. Per questo lanciamo un appello a costruire un’alleanza tra associazioni, istituzioni, mondo della ricerca, per trovare soluzioni e dare risposte concrete, subito e non tra dieci anni, a tante famiglie disperate». Anche se di fatto rientrano nei Lea, i Livelli essenziali di assistenza (DPCM 12 gennaio 2017: l’art. 60 ribadisce il diritto sancito dalla Legge 134/2015 alle «prestazioni per la diagnosi precoce, la cura e il trattamento individualizzato, mediante l’impiego di metodi e strumenti basati sulle più avanzate evidenze scientifiche» ndr), per esempio le terapie psico-educative basate sull’analisi applicata del comportamento (Aba) in realtà non sono disponibili a carico del Servizio sanitario nazionale, denunciano le Associazioni. Il motivo? Non sono state inserite nel «Decreto che definisce le tariffe per la specialistica ambulatoriale, in vigore dal 30 dicembre 2024». Per questo, come spiega Speziale: «Pur essendo ritenute efficaci, i Centri di diagnosi e trattamento dell’autismo hanno difficoltà a prescrivere queste terapie a carico del Ssn; le famiglie, per non privare i propri figli di trattamenti che li fanno stare meglio, li pagano di tasca propria, anche indebitandosi».
Ancora, prosegue il presidente Anffas: «C’è una specifica legge che potrebbe dare tutte le risposte necessarie per la presa in carico delle persone con autismo (n. 134/2015) e non è applicata in tutti i suoi aspetti. Per esempio, prevede i piani personalizzati per la presa in carico» ma sono pochi i progetti di vita individuali “su misura”, in base alle esigenze della singola persona».
Nel nostro Paese esiste il «Network Italiano per il Riconoscimento Precoce dei Disturbi dello Spettro Autistico» (NIDA), coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità, una rete di collaborazione clinica e di ricerca mirata a individuare precocemente bambini con disturbi del neurosviluppo e, in particolare, con disturbo dello spettro autistico.
Inoltre, la sorveglianza neuroevolutiva BABY@NET (tra le attività dell’Osservatorio nazionale sull’autismo dell’ISS), finanziata nell’ambito dei bandi PNRR e CCM del ministero della Salute e integrata nel Network NIDA, coinvolge direttamente 31 terapie intensive neonatali e 158 servizi di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza in un sistema capillare di monitoraggio e interventi precoci.
Attualmente, il Network NIDA monitora 1.218 fratellini di bambini con diagnosi di disturbo dello spettro autistico, 1.536 neonati prematuri e 575 neonati piccoli per età gestazionale, garantendone la presa in carico specialistica da parte di professionisti qualificati su tutto il territorio nazionale.
Attraverso 7.534 schede di sorveglianza, effettuate da 549 pediatri nei bilanci di salute, è stato possibile monitorare lo sviluppo di 3.284 bambini di cui 397 sono stati inviati ai Servizi di Neuropsichiatria. «È auspicabile che questo modello venga adottato in modo sistematico su tutto il territorio nazionale» dice la dottoressa Maria Luisa Scattoni, coordinatrice dell’Osservatorio Nazionale Autismo dell’Istituto Superiore di Sanità. Mira a garantire interventi precoci anche il nuovo modello Caregiver Skills Training (CST), messo a punto dall’Organizzazione mondiale della sanità. Spiega la dottoressa Scattoni: «Questo modello di intervento precoce, da applicare nei Centri pubblici e convenzionati col Servizio sanitario, mira a supportare i genitori di bambini con autismo fino a 7 anni, in modo da dare risposte almeno alle emergenze, poiché a volte i tempi d’attesa nel Pubblico arrivano anche a due anni. Per ora sono stati formati circa venti formatori in 10 Regioni, che a loro volta formeranno operatori delle Asl».
Secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità, aggiornati a marzo 2025, esistono 1.228 i Centri per la diagnosi e la presa in carico delle persone con autismo sul territorio nazionale (si possono cercare qui selezionando la Regione, la provincia, l’età evolutiva o adulta). Di questi, n.663 (54%) al Nord, n.263 (21,4%) al Centro e n.302 (24,6%) al Sud e Isole. 556 servizi censiti operano nel Servizio Sanitario Nazionale, 624 in regime privato contrattualizzato o convenzionato con il Ssn e 38 sono servizi socio-sanitari integrati. Rispetto agli utenti, 789 centri offrono prestazioni per l’età evolutiva e 667 per l’età adulta. La maggioranza dei centri censiti per l’età evolutiva (56%) dichiara di erogare servizi sia di diagnosi che di riabilitazione/presa in carico; i rimanenti centri solo per la diagnosi (5%) o solo per la presa in carico (39%). La maggioranza dei centri censiti per l’età adulta dichiara di erogare servizi di riabilitazione/presa in carico (73,5), il 23% eroga servizi sia di diagnosi che di riabilitazione/presa in carico; i rimanenti centri solo per la diagnosi (3,5%).
Ad oggi, i centri hanno indicato un totale di 838.431 utenti, di cui 89.036 con diagnosi di autismo. Sono circa 30 mila i professionisti, strutturati e non strutturati (con esclusione delle forme volontarie), che operano nei servizi per le attività cliniche inerenti i disturbi dello spettro autistico.
Con finanziamenti specifici del Fondo Autismo 2023-2024 per l’attivazione della Rete Nazionale per le emergenze comportamentali, si sta cercando di implementare in tutte le Regioni la presenza di equipe specializzate per la gestione delle emergenze comportamentali in età evolutiva e adulta.
«Le emergenze comportamentali sono un problema enorme per le famiglie, ci sono casi di ragazzi o adulti che vengono ricoverati in SPDC (Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura) per comportamenti lesionistici o autolesionistici, essendoci pochissime realtà in Italia in grado di prendere in carico queste persone – riferisce Scattoni – . Ci sono genitori costretti a ricoverare i figli in residenze a chilometri di distanza da casa, fuori Regione, senza la possibilità di andarli a trovare. Si sta cercando di costruire tre livelli di servizi e contesti proprio per rispondere rispettivamente alle acuzie comportamentali, alla stabilizzazione comportamentale e al mantenimento del comportamento».
L’Istituto Superiore di Sanità sta approfondendo la presenza di altre malattie o condizioni (comorbilità) in chi soffre di disturbi dello spettro autistico. Anticipa la dottoressa Scattoni: «Aggiorneremo a breve le Linee guida su diagnosi e trattamento sia per bambini e adolescenti sia per gli adulti. Raramente l’autismo si presenta da solo, molto spesso si presenta con altri disturbi che il clinico deve riconoscere anche per individuare eventuali interventi legati a più condizioni, che sono genetiche, mediche e anche di natura psichiatrica, per esempio: autismo con Adhd (disturbo da deficit di attenzione/iperattività, autismo con disabilità intellettiva, autismo con disturbi del sonno». Al di là dell’individuazione dei codici diagnostici, sottolinea la coordinatrice dell’Osservatorio nazionale sull’autimo «si tratta di osservare il funzionamento della persona, in modo da elaborare un progetto di vita personalizzato, in linea con quanto prevede la Legge sulla disabilità» (Decreto legislativo n. 62/2024 «Definizione della condizione di disabilità, della valutazione di base, di accomodamento ragionevole, della valutazione multidimensionale per l’elaborazione e attuazione del progetto di vita individuale personalizzato e partecipato» ndr).
I promotori del convegno «Un’alleanza per l’autismo: diritti, comprensione, trattamenti e servizi» hanno diffuso un Manifesto con le loro richieste ovvero:
– la terapia ABA “Applied Behavior Analysis – Analisi Comportamentale Applicata” sia davvero usufruibile come Lea (Livello essenziale di assistenza), quindi a carico del Servizio sanitario nazionale;
– sia fatta una specifica formazione nell’analisi del comportamento agli insegnanti di sostegno e agli assistenti all’autonomia e altre figure professionali che interagiscono a vario titolo con le persone con disturbi dello spettro nel contesto scolastico e, per questo, si chiede il coinvolgimento del ministero dell’Istruzione e del Merito;
– ci sia una formazione mirata del personale del Servizio Sanitario Nazionale preposto alla prestazione delle terapie indicate nelle linee guida sul trattamento dei disturbi dello spettro autistico, adottate dall’Istituto superiore di sanità;
– sia garantita la presenza di un rappresentante delle associazioni nel Comitato LEA;
– sia reso strutturale il Fondo Autismo con almeno 5 milioni di euro l’anno e sia destinata la stessa cifra al finanziamento di azioni di ricerca scientifica mirata e condivisa (anche attraverso la Fondazione Italiana Autismo – FIA). corriere.it