Coronavirus, parrucchiera apre il suo salone per protesta
Seicento euro arriveranno dall’Inps, cinquanta euro di buoni spesa li manderà il Comune. Sostegni che domani saranno importanti. Ma ieri e oggi non ci sono ancora. Quando mangiare diventa un problema più che un’esigenza e gli affitti da pagare moltiplicano gli zeri, la pressione del qui e ora non concede il lusso dell’attesa.
E Francesca Bufalino, parrucchiera astigiana di 55 anni, non può più permettersi di aspettare. Per questo sabato 11 sabato 11 aprile ha alzato la saracinesca del salone di acconciature La Fenice, in segno di protesta. «Ho preso questa decisione dopo che ho sentito che il governo ha deciso di riaprire le librerie. Perchè noi parrucchieri invece non possiamo lavorare? Io da febbraio facevo entrare le clienti una per volta e mi ero dotata di mascherine e gel igienizzanti . Ho fatto un investimento per me sostanzioso che si è tradotto in una spesa inutile in pochi giorni, perchè ci hanno fatto chiudere».
Divorziata, con due figli di 25 e 33 anni, in due mesi ha perso la sua unica fonte di guadagno e oggi deve fare i conti con i debiti che si accumulano e la spesa quotidiana che arriva grazie agli anziani genitori che le passano i sacchetti dal balcone.
«Questa emergenza mi sta umiliando. Ogni volta che mio padre e mia madre oppure uno dei miei figli mi aiuta portandomi del cibo per me o per i miei animali, mi sento morire. Com’è possibile che dopo 40 anni di lavoro, una vita di sacrifici, ci si possa ridurre così? Sono in ginocchio, ma non voglio inginocchiami davanti allo Stato. Per questo protesto».
Tra le tante urgenze, i canoni d’affitto hanno un peso rilevante. «Serve un aiuto sia per noi inquilini sia per i proprietari. Anche per loro spesso il mancato incasso degli affitti è un danno grosso, ma se io non lavoro non ho materialmente le possibilità di onorare i debiti».
Il salone che abitualmente conta un massimo di dieci clienti al giorno, potrebbe, secondo Bufalino, riprendere l’attività riducendo il numero ad un minimo di tre clienti. «Sarebbe una boccata d’ossigeno che mi permetterebbe di vivere come ho sempre fatto, con dignità. Ovviamente fornirei tutte le protezioni necessarie per la sicurezza di tutti». lastampa.it