Donna pastore in Ciociaria su Raiuno, “Aiutatemi vogliono cacciarmi dalle mie terre”

Da due anni Assunta subisce minacce e intimidazioni, che nel tempo sono diventate avvertimenti precisi e violenze soprattutto nei confronti del bestiame. Animali decapitati e mutilati, recinzioni recise, ruote del trattore squarciate, e l’ombra nera della “mafia dei pascoli”.

Assunta Valente è una donna pastora. Capelli lunghi neri, ruvida. Dedita alla pastorizia, come tante altre donne nel nostro Paese. E oggi in pericolo, bersaglio di minacce e intimidazioni, atti di violenza brutale al suo bestiame e ai terreni. Perché qualcuno ha deciso che lei, da quella terra sulla quale ha costruito con cura e sacrificio la sua attività, deve andarsene. 

L’esperienza di vita sulla montagna del frusinate, al confine con il Parco d’Abruzzo Lazio e Molise, la sua scelta di restare lì – che l’ha portata lontano dai tre figli -, il suo essere donna a svolgere questa attività, il suo amore per gli animali che alleva, che porta ogni mattina al pascolo e di cui si prende cura sono raccontati da Assunta Valente stessa nel bel film di Anna Kauber “In questo mondo”, che documenta le donne pastore nel nostro Paese tracciando un percorso femminile di riappropriazione della terra. Chi credeva che la pastorizia fosse un’attività da maschi dovrà ricredersi vedendo questo documento. Dal sud al nord passando per il centro e le isole, i volti e le scelte delle donne raccontate da Kauber dicono l’Italia che esiste e che resiste a difendere la necessità del rapporto rispettoso e non predatorio con gli animali e la natura tutta.

Anna Kauber non ha smesso di avere scambi con le “sue” pastore e, anche dopo l’uscita del film nel 2018, i contatti sono proseguiti, l’amicizia e l’affetto sono cresciuti e ogni volta che per ragioni di lavoro si trova a muoversi per l’Italia cerca sempre di passare ad abbracciare l’una o l’altra. E così Anna non ha potuto non notare, sulla pagina Facebook di Assunta Valente, degli strani e preoccupanti racconti, sui quali ha voluto sapere di più. 

Racconti di minacce da parte di uomini, diventate poi esecuzioni di alcuni capi del suo bestiame – ogni bestia amata e con un nome -, avvertimenti, la testa dell’agnellina Aldina mozzata e fatta trovare sul cippo di confine del terreno comunale, una giovane vitella con un taglio alla gola, “dispetti” pesanti come l’apertura delle stalle in piena notte per creare scompiglio nel vicino paese e mettere Assunta in difficoltà e screditarla davanti agli abitanti; tagli di tubi, ruote del trattore squarciate, interi metri di recinzione strappati; da ultimo, il 26 ottobre scorso, l’amato cane pastore Giulio trovato avvelenato vicino alla stalla e morto dopo una notte di agonia. La stessa fine hanno fatto tutti gli altri cani di Assunta. Alle forze dell’ordine, alle quali Assunta ha sporto denuncia, l’obiettivo di queste azioni sembrerebbe chiaro: indurre la donna ad andarsene, a lasciare quei terreni sui quali ha fatto crescere bene la sua attività e tanto appetibili da chi punta ad ottenere fondi europei per i pascoli estesi e l’allevamento brado. Tutte le ipotesi sono al momento aperte per gli inquirenti, ma le minacce sembrerebbero parlare il linguaggio di quella che è stata definita “la mafia dei pascoli”, raccontata in diverse analisi e anche in alcuni libri come quello di Nuccio Anselmo e Giuseppe Antoci (Rubettino, 2019) con prefazione di Gian Antonio Stella, “La mafia dei pascoli. La grande truffa all’Europa e l’attentato al Presidente del Parco dei Nebrodi” e quello recente, del 2021, di Giannandrea Mencini “Pascoli di carta. Le mani sulla montagna” edito da Kellermann con prefazione di don Luigi Ciotti fondatore dell’associazione Libera contro le mafie.

Assunta è una donna di grande intelligenza, ha vissuto fin da bambina transumando insieme al bestiame con i suoi genitori tra la montagna di questa parte di Lazio d’estate e la Campania d’inverno. Con il suo dialetto campano stretto ha spiegato però chiaramente nelle denunce ai Carabinieri, alla Procura e all’ente Parco nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise quello che sta succedendo. 

Assunta non ha nessuna tutela. Sta in montagna, ostaggio da quasi due anni di un mondo miserabile di subcultura e sopraffazione, per il quale anche e forse soprattutto l’essere donna a difendere i propri diritti non è tollerabile e va scardinato con ogni mezzo. Per questo è urgente far arrivare ad Assunta solidarietà, fare luce sulla sua vicenda, far conoscere i fatti, non lasciarla sola. E per questo Anna Kauber ha voluto scrivere i fatti denunciati da Assunta a mo’ di racconto, utilizzando come punto di vista quello di Giulio, il cane pastore a cui Assunta era legatissima: “Non c’è limite alla cattiveria e, pur di sbarazzarsi di lei, loro colpiscono ciò che lei più ama e cura: noi creature a quattro zampe. ‘Tu non puoi andare nei pascoli comunali’, questo è il vero messaggio per Assunta. I pascoli li vogliono tutti loro, ma non è giusto, lei paga regolarmente sia gli affitti dei terreni privati sia di quelli comunali, con i fida pascoli. Ha tutti i diritti d’uso per gli animali su quella terra e per questo non molla, perché sa di essere dalla parte della ragione.  Nella sua azienda noi animali cresciamo sani e felici, siamo amati e rispettati, così come è rispettata la natura che dà a tutti noi da mangiare. La sua attività e la sua bravura sono riconosciute da tante persone, e infatti l’azienda va bene, sempre di più. Ma per loro è inaccettabile, soprattutto perché l’azienda è di una donna. Sono sempre più preoccupato per lei e, anche se assunta crede nella giustizia ed è coraggiosa, un giorno l’ho sentita dire ‘i lupi sono meglio di certe persone’ e a me si è spezzato il cuore, le sto sempre vicino, passo dopo passo, sui pascoli di questa nostra montagna. Ma con questa mia storia vorrei che anche tanti altri, umani e altri animali, le volessero bene come gliene vogliamo noi, le stessero vicini sostenendola nella sua difficile lotta contro queste persone malvage. Perché Assunta non ha mai fatto niente di male, e si merita tutto il nostro affetto”.  

Quante sono le donne dedite alla pastorizia in Italia? Non lo sappiamo di preciso perché una mappatura puntuale non esiste, ci spiega Anna Kauber che, prima di essere la regista del film “In questo mondo” che ha Assunta tra le protagoniste, si è formata come paesaggista e specializzata in paesaggio agrario. “In passato la presenza femminile nella pastorizia era concentrata soprattutto al nord, via via e fino ad oggi invece è andato aumentando sempre più il numero di donne titolari di aziende zootecniche al centro e anche al sud e sulle isole. Le donne progettano e ottengono un’autonomia economica con questo lavoro, che quindi è scelta di vita e opportunità lavoro. Capiscono sempre più che è una via possibile. Questo crea la sostenibilità economica (ovviamente il paradigma non è quello delle città e del consumismo) per se stesse a anche per la famiglia. Poi lo sguardo femminile – aggiunge Kauber – ha saputo interpretare questo ritorno alla pastorizia soprattutto nell’accezione della cura e del benessere animale, la donna è portatrice di questa consapevolezza di rispetto verso le creature”. Inoltre, la presenza femminile in questo settore può avere un ruolo specifico di ripopolamento della montagna secondo Kauber: “Se è la donna a scegliere di fare la pastora e vivere in montagna, spesso in montagna costruisce la famiglia, genera figli, quindi poi chiederà servizi, infrastrutture possibili: così man mano si ricreano gli insediamenti montani”. redattoresociale.it