È morto Vincenzo Agostino
Si è spento in Sicilia Vincenzo Agostino, conosciuto anche come «padre coraggio». Aveva 87 anni ed era conosciuto da molto tempo per la sua instancabile battaglia per la verità: chiedeva a gran voce, con sit-in e arrivando anche ad osservare lo sciopero della fame, giustizia per la morte del figlio Nino, l’agente di polizia assassinato l’8 agosto del 1989 dalla mafia a Carini, assieme alla moglie incinta Ida Castelluccio. Una battaglia che Agostino ha condotto anche da solo dopo la scomparsa della moglie Augusta Schiera, morta nel 2019 e con la quale aveva condiviso quella che per lui era diventata una crociata per i diritti. Un impegno a tutto campo, Vincenzo Agostino era conosciuto anche per la sua lunga barba bianca: «La taglierò solo quando sarà fatta piena luce e verrà a galla la verità sui mandanti dell’assassinio di Nino e Ida», soleva spesso ripetere in pubblico. Agostino in tutti questi anni ha lanciato accuse nei confronti dei presunti colpevoli degli insabbiamenti, parlando anche di depistaggi. Ha incontrato più volte il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, con il quale ha condiviso il dolore dei parenti delle vittime di mafia e la richiesta di verità. «Una lotta per la verità, che troppo spesso tarda ad arrivare in una terra che continua ad avere fame di onestà e di legalità», ha affermato Giuseppe Antoci, già presidente del Parco dei Nebrodi non appena si è diffusa la voce della sua scomparsa. Nell’ottobre del 2023, a seguito della condanna all’ergastolo in appello di Nino Madonia, boss della mafia riconosciuto quale esecutore materiale del duplice omicidio, Vincenzo Agostino si disse «soddisfatto» per la sentenza: «Hanno condannato il macellaio di mio figlio e di mia nuora», ebbe a dichiarare. E rese poi nota la volontà di volersi recari al cimitero, sulla tomba della moglie Augusta, per eliminare la scritta che aveva voluto accanto alla lapide: «Morta in attesa di verità e giustizia». «Finalmente – dichiarò in una intervista – si è fatta luce e non soltanto per me e la mia famiglia». corriere.it