Filosofia oltre i muri, Libertà e realtà ovvero un discorso intorno ad una coccinella
Libertà e realtà ovvero un discorso intorno ad una coccinella
di Luciano Garcia (S. de J.)
In una anteriore pubblicazione abbiamo avanzato la proposta che la filosofia comincia con la meraviglia e che per meravigliarsi occorre tornare bambini, in modo da avvicinarsi ad ogni elemento della realtà con l’atteggiamento ingenuo di chi dietro ad ogni angolo trova un motivo di sorpresa. Infine, abbiamo detto che la causa di questo atteggiamento era l’amore per un tu concreto e fragile. Orbene, questa volta cercheremo di sviluppare ciò che in questo ragionamento rimase incompleto. Facendo così risponderemo indirettamente alle obiezioni e perplessità che alcuni lettori gentilmente ci hanno rivolto. Queste obiezioni contestavano soprattutto l’ingenuità infantile nei confronti della realtà (e cioè, che bisogna crescere ed avere senso critico!) e una sorta di romanticismo sdolcinato che vuole mettere l’amore al posto della ragione e del senso drammatico con cui abbiamo a che fare con la nostra realtà (vale a dire, che se tutto si fonda sull’amore, cosa ne facciamo del dolore, del male, dei malvagi?). Un’ultima obiezione, a cui non possiamo dare risposta per ora, era più sottile: ma tu pensi che tutti cercano Dio! La risposta a quest’obiezione non può arrivare ora, bisogna fare tanti passaggi prima di poter risolverla; tuttavia, detto sia di passaggio, possiamo dire con semplicità che, sebbene non la pensiamo esattamente così, sappiamo che la filosofia spesso è un arma a doppio taglio che, penetrando tutto il nostro essere, ci pone davanti alle questioni fondamentali, una delle quali, lo si voglia accettare o no, e quella religiosa.
Il nostro metodo, questa volta, sarà descrivere il contatto tra l’uomo e la realtà. Lo faremo nel seguente ordine: prima la relazione soggetto-oggetto, poi l’atteggiamento soggettivo della fiducia o del sospetto, e infine il ruolo della libertà all’interno di questa relazione.
1. Sebbene sembri ovvio, definiamo il soggetto. Il soggetto è l’essere capace di pensare se stesso e di pensare ciò che non è lui. L’oggetto, da parte sua, e ciò che ha la proprietà di essere attualmente sotto “lo sguardo” di un soggetto. Così, non esiste oggetto senza un soggetto che lo pensi: questo non significa che ciò che comunemente chiamiamo oggetto, cosa, non sia tale; significa che un oggetto, in filosofia, è una cosa che è pensata adesso da un soggetto. Poi, il soggetto, anche se non pensa attualmente a niente, rimane soggetto grazie a la coscienza che ha di se stesso, la quale è una coscienza abituale: sebbene abbia la mente in bianco, tranne i casi di nevrosi, so che sono io stesso chi ha la mente in bianco .
E ci si potrebbe domandare: a cosa serve questa distinzione? Beh, almeno abbiamo individuato i due partner di un gioco chiamato manifestazione della verità. La verità, in questo senso, sarebbe uno stato di cose in cui la realtà (o l’essere) è svelata ad un soggetto che l’accoglie e la afferma.
Il rapporto tra soggetto e oggetto lo possiamo descrivere a partire della meraviglia. La meraviglia è un affetto (quindi appartiene al centro affettivo dell’uomo, il cuore) che viene come conseguenza della manifestazione della realtà ad un soggetto. Abbiamo riportato una fotografia su una coccinella in un campo umido di grano. Orbene, la meraviglia nasce quando quell’evento o fenomeno si manifesta al nostro intimo tramite i sensi e poi l’intelletto: sento l’odore delle spighe di grano e la terra umida, vedo i colori, verde, grigio, rosso, nero e poi penso, ah! Ecco le montagne, le spighe, la terra, e questa piccola qui, cos’è? Una coccinella, la prima coraggiosa della Primavera. La meraviglia può manifestarsi con diversa forza: mediante la dolcezza, la serenità oppure lo stupore, l’innamoramento, la paura, la rabbia. In questi sentimenti, il soggetto è stato “colto” “invaso” dall’oggetto o fenomeno che gli si impone e risponde a tale evento sentendolo, pensandolo e sentendo il suo sentire e il suo pensare (se ci fate caso, potete rendervi conto che alcuni dei nostri pensieri sono allegri, altri tristi, altri noiosi, come quelli che causa questa lettura). Così, la meraviglia intesa in termini così generali, include anche le cose che possono nuocerci. Avete mai visto un leone negli occhi? L’evento è affascinante e terrificante…vorresti sostenere lo sguardo ma sai che se non ci fosse quella gabbia la cosa non risulterebbe così pacifica, e il terrore lo senti; lo stesso può succedere quando conosci tua suocera. Dunque, per non rigirare più la questione, si conclude che l’oggetto s’impone ad un soggetto e il soggetto accoglie e risponde all’imposizione dell’oggetto. La bellezza, in termini generali è qui: si tratta della manifestazione della realtà ad un soggetto. Quindi, all’evento “bellezza” corrisponde l’affetto “meraviglia”.
2. Ma nei confronti dell’oggetto, il povero soggetto, colto così alla sprovista da una semplice coccinella che l’impone, in certo senso, affetti, e che scatena un meccanismo quasi inconscio di concettualizzazione e ragionamento…il povero soggetto, dicevamo, può fidarsi e quasi consegnarsi allo slancio causato dall’oggetto in lui, oppure può sospettare che c’è un qualcosa di sbagliato, o di pericoloso, o di falso in quella manifestazione. Il senso critico nasce qui, e, al contrario di ciò che comunemente pensiamo, la ragione critica non consiste precisamente nel sospettare sempre della falsità delle cose o di doppie intenzioni…il senso critico consiste nel fidarsi della realtà cosi come si manifesta da se stessa. Soltanto una tale fiducia ci permette di individuare poi l’inautentico ed il falso.
Facciamo un esempio ridicolo, cosi forse scendiamo dalle nuvole e ci spieghiamo meglio: davanti alla nostra coccinella possiamo sospettare che sia, non lo so… un essere alieno, una macchina mortale fabbricata dai ninja, la sesta generazione di terminator, o qualcosa di più sordido. Potrei pensare pure che, in realtà, dietro non ci sono delle montagne, e che non soffia il vento. Potrei andare più avanti e convincermi che i miei sensi in realtà non funzionano, che la mia testa funziona ancora di meno, che il mio cuore è troppo sentimentale, e in realtà non sto vedendo niente, anzi, non so se l’immagine impressa nella mia testa (e nella fotocamera del mio telefono…) in realtà non è che una complicata finzione di qualcuno che m’inganna. Se ci pensate, l’argomento di Matrix non è troppo lontano da un certo modo di pensare: ma quel che percepisco, esiste veramente? Quel che dice il professore, non è soltanto una bugia? Quel che dicono i giornali, non è semplicemente qualcosa di elaborato per manipolare le masse? Tuttavia, anche qui, un senso critico in questo modo non potrà mai scoprire niente di vero, perché, se siamo sinceri, ogni manifestazione della realtà potrebbe essere semplicemente un sogno, un’allucinazione. Tuttavia, perfino qui possiamo fidarci di una cosa fondamentale: sono io chi penso, sono io che sospetto, sono io che vengo ingannato. E da questa certezza possiamo tornare all’atteggiamento di chi si fida delle manifestazioni del reale, sebbene sarà necessario trovare un garante di questa verità che non sia soltanto il soggetto, ma questo argomento lo dovremo lasciare per dopo.
Una volta che abbiamo esaminato a grandi tratti l’argomento di Cartesio (e di Agostino, se si vuole), possiamo analizzare l’altro. Risulta più naturale fidarsi: chi veramente si è fidato scoprirà se la coccinella è o no un terminator. Chi veramente si fida della realtà che gli si manifesta può penetrare nei suoi segreti, può lasciare che le racconti i suoi misteri. Come faremo a sapere che questo animaletto è una coccinella se non ci fidassimo della manifestazione dei suoi colori, della sua forma, della sua misura? Come riusciremo a sapere che mamma è mamma se lei non ce lo dice? Ed è vero, a volte, in casi terribili, mamma non era mamma, ma quel fatto lo potremo scoprire soltanto fidandoci ed essendo conseguenti. Se riconosco una coccinella, saprò che i suoi arti non sono di metallo…se dopo un po’ comincia a sventolare un cannone nucleare saprò di certo che non è una coccinella. Se invece dubito e sospetto di tutto, quando conoscerò mia vera madre, veramente potrò riconoscerla come tale? Si vede dunque come fiducia non significhi stupidità. La fiducia è sì un rischio ed un salto di abbandono, ma è anche l’unico modo di veramente essere avvolti dal mistero della realtà per venirne illuminati. Questa è la fragilità e la grandezza del filosofo: quando si fida, rischia non solo la riputazione, ma la vita. Così, in ogni domanda dell’uomo sulla realtà ne va del suo essere stesso… e dell’essere di tutto.
3. Ed ecco che giungiamo alle ultime parole sulla libertà. Prima poteva apparire come se il soggetto non fosse libero affatto. Il fenomeno gli si impone, coglie la sua interiorità, invade il suo cuore e la sua mente. Tuttavia, la libertà non potrebbe semplicemente consistere nella condizione di non avere catene che ci costringano. Se si pensa un po’ drammaticamente, la catena che non ci potremo togliere mai senza contraddirci sarebbe quella dell’esistenza. Abbiamo scelto di esistere o piuttosto abbiamo assunto la nostra esistenza? Dostoievskij ci mostra a Kirillov, che pur di essere libero da ogni imposizione che non venga dalla propria volontà è capace di suicidarsi…annullando la condizione fondamentale della libertà. Così, la libertà sembra essere più qualcosa che ci dà la possibilità dell’assunzione della realtà così com’è. Quest’assunzione richiede una presa di posizione: l’oggetto che mi si svela, la mia cara coccinella, dev’essere affermata come tale, in modo che la verità, in quanto stato della realtà, si avvicini alla sua pienezza. E certo, posso ben dire che tale animaletto non è una coccinella e che invece è un elefante. Ebbene, che si possa fare, che la mia indipendenza da costrizioni intellettive e volitive esterne a me (nessun biologo mi costringe a dire o perfino a pensare che x non sia un elefante), non significa che quello realizzi la mia libertà. Significa semplicemente che io ho deciso di dire questo invece di quello costretto da altri motivi che ho assunto come tali. In 1984, il signor Wells fa scrivere al suo protagonista: Libertà e la libertà di dire che due più due fa quattro. Che ora la libertà sia la sottomissione a qualsiasi regime totalitario? No, al contrario. La libertà è l’assunzione e l’affermazione della realtà come tale, e per tanto, l’assunzione delle sue conseguenze. E così, torniamo ai bambini: sembra che soltanto i bambini sappiamo giocare e forse soltanto loro sanno anche soffrire. Non significa che non si ribellino, non significa che il dolore non faccia del male, non significa che anche i bambini più addolorati non cerchino la consolazione. Significa semplicemente che assumono la loro realtà e ne tirano fuori le conseguenze. Ogni professore ed ogni catechista lo sa: quando un bambino rivolge le sue domande, tutti i sistemi tremano! Soltanto chi ha assunto il dolore come tale, con la sua terribile incidenza sulla nostra carne e sul nostro cuore, può trovarne una soluzione e può continuare a vivere anche se non la trova. Soltanto chi ha affermato la verità dei fatti riguardo ad una malattia, ad una pandemia, ad una situazione politica inumana, potrà cercarne una cura, adottare le misure convenienti, iniziare perfino una rivoluzione. E la verità come stato del reale è possibile appunto perché ogni uomo libero può assumere il reale ed affermarlo, e perfino trasformarlo. La verità non è una fabbricazione ma non è neanche una frase scritta con accento dogmatico su un giornale o su un libro sacro. La verità è la consistenza della realtà, di una realtà in divenire, di una realtà complessa, non sempre chiara e luminosa. La verità è anche un’esigenza: esige di chi la cerca una specie di consacrazione, una specie di abbandono di qualsiasi altra cosa che non sia essa stessa, esige tutta la nostra interiorità ed esteriorità per manifestarcisi, per essere affermata, per svilupparsi in tutta la sua ricchezza. Così, ecco come compare l’amore in tutto il nostro discorso: l’amore in quanto consacrazione di se stesso per il bene di un altro, l’amore in quanto libera consegna di tutto ciò che ci è più proprio ad un altro e l’affetto, il pensiero e la scelta con cui il filosofo vero accoglie la realtà: è amante, amico della sapienza, è amico, amante della sovrana affermazione della splendente ed affascinante realtà…è amico, amante e segreto ammiratore di quella piccola coccinella.